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Negli anni Novanta, quando gran parte dei boss entravano e uscivano di galera, “Caccavella” gestiva i suoi affari rintanato nella masseria Canali, tra Mesagne e San Vito dei Normanni, in una specie di terra di nessuno che gli ha consentito, per lungo tempo, di non essere pienamente geolocalizzato: un “sanvitomesagnese” sfuggente e dal volto quasi sconosciuto alle foto segnaletiche pubblicate dai giornali del quale all’improvviso si comprese il vero spessore quando nel marzo 1994 il Tribunale delle misure di Prevenzione di Brindisi sottopose a sequestro preventivo la masseria. Due anni dopo quel provvedimento divenne definitivo con la confisca dell’intero patrimonio immobiliare di 20 ettari (due fondi rustici e un fabbricato rurale) che all’epoca venne valutato in 430 milioni di lire. Nove anni dopo la masseria fu assegnata al Comune di Mesagne e da questo alla cooperativa Terre di Puglia – Libera Terra che l’ha trasformata in un luogo didattico e in un’azienda agricola, simbolo nazionale della lotta alla mafia. Il secondo grande problema, Cantanna se l’è creato da solo poco tempo dopo, nel 2001. Era appena uscito dal carcere dopo dieci anni Tommaso Marseglia, detto Masino Gioia, un tempo custode del cimitero di San Vito ma soprattuto capo riconosciuto del racket delle estorsioni che all’inizio degli anni Novanta aveva trasformato San Vito in una polveriera in cui i commercianti subivano attentati e minacce, tanto da far nascere l’Acias, Associazione Commercianti Imprenditori Antiracket di San Vito dei Normanni, la seconda in Italia dopo quella creata da Tano Grasso a Palermo. Cantanna si considerava il boss di San Vito ma Marseglia voleva riprendersi il controllo del paese e in un bar gli diede uno schiaffo. Qualche giorno dopo Cantanna, insieme a un complice mai individuato ma che i pentiti sostennero fosse un suo parente, ammazzò Masina Gioia mentre in scooter andava da San Vito a Specchiolla. Per quell’omicidio “Caccavella” è stato condannato all’ergastolo definitivo, in regime di 41 bis, nel carcere di Milano Opera. Ha 72 anni, è assai probabile che non esca mai più. Gianluca Lamendola ha sei anni quando i carabinieri arrivano nella masseria Canali per sequestrarla, già allora era il nipote prediletto di Carlo, nonno materno. Non impiega molto a dimostrare di esserne anche l’erede predestinato: a 20 anni, nel 2009, viene arrestato dopo aver gambizzato a colpi di pistola un giovane di San Vito con il quale aveva avuto una discussione in un bar davanti ai videopoker. Tre anni dopo viene nuovamente ammanettato, questa volta per tentato omicidio, dopo un agguato compiuto in campagna contro un agricoltore: tre colpi di fucile a canne mozze per vendicare una lite avuta con lui in carcere dove era finito insieme allo zio Rosario (fratello di Carlo) per spaccio di droga. Proprio nella sala colloqui del carcere di Milano avviene una sorta di passaggio di consegne. Tra il novembre 2020 e il giugno 2021, in piena pandemia, per ben 40 volte Ivana, la figlia di Carlo Cantanna, parte da San Vito per incontrare il padre. Lei è autorizzata, ma Gianluca si aggrega pur non avendone diritto. Il boss è vecchio, provato dalla lunga detenzione e dal fatto di non avere quasi speranza di riassaporare la libertà. Il nipote parla tanto con il nonno e si interessa delle sue condizioni, arrivando a minacciare il suo avvocato: “Fai tutto quello che sta da fare, sennò ti uccido”. Secondo la Dda di Lecce in questi passaggi non c’è solo il normale interesse di un nipote verso la sorte del nonno detenuto, ma l’assunzione delle redini del clan, quasi pensionando il vecchio boss. E, secondo quanto emerso dalle lunghe indagini condotte dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni, che lunedì hanno portato all’esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare, di cui 21 in carcere, c’è riuscito. Il percorso di Lamendola verso il vertice dell’organizzazione è stato facilitato dall’improvvisa debacle del clan fino ad allora più potente della provincia di Brindisi, quello che faceva capo ad Andrea Romano e alla famiglia Coffa, decapitato dalla condanna all’ergastolo per “Ramarro” e dalla sua successiva decisione, insieme a moglie e cognati, di collaborare con la giustizia. L’ascesa di Lamendola inizia proprio da San Vito dei Normanni, sulle orme del nonno che aveva ucciso l’ultimo boss del paese e puntando a mettere fuori gioco – con qualsiasi mezzo – chi a San Vito fino ad allora aveva controllato, lo spaccio per conto di Romano, ossia Ciccio Turrisi. Del resto aveva già messo bene le cose in chiaro quando era ancora in carcere, Lamendola: poco prima di tornare in libertà (il 2 novembre 2020) aggredisce un detenuto affiliato di Turrisi, lo massacra di botte e lo costringe a scrivere una lettera al suo rivale macchiata di sangue. Il giorno dopo Turrisi gli fa recapitare in carcere 500 euro per cercare la pace ma Lamendola rifiuta. Picchiare un affiliato altrui in carcere, costringendolo a scrivere una lettera al suo capo macchiata di sangue e poi rifiutare il dono in denaro fatto subito dopo per ricucire lo strappo – scrivono gli inquirenti – sono espressioni della caratura mafiosa di Lamendola che con la forza e con un’ostentata supremazia di un codice comportamentale che non scendeva a patti con l’avversario, veniva mostrata a tutti i sodali. Una vera e propria autoinvestitura. Dal momento della sua scarcerazione Lamendola riprende in mano le attività commerciali distinguendo tra quelle che che pagavano la tangente prima del suo arresto, che avrebbero dovuto solo versare gli interessi sul non versato, e quelle che invece non erano ancora sottoposte al “punto” e che avrebbero dovuto pagare. Cinquecento/seicento euro al mese, a seconda dell’importanza del negozio, per garantirsi il protettorato della Sacra corona, o meglio per evitare la distruzione dell’attività. Quasi da serie tv sulla mafia è l’incontro con un vecchio pregiudicato che lo va a trovare fermandosi a parlare con lui per ore e che resta – scrivono i carabinieri – affascinato dal suo modo di fare. Lamendola gli spiega che il mafioso secondo lui non può assumere droga e che lui i tossicodipendenti tra i suoi affiliati non li vuole. Questo era stato già una specie di slogan per la prima Sacra corona unita: Rogoli proibiva ai suoi di consumare la droga, ma non riuscì nel suo intento e anzi alcuni dei suoi, come Cosimo Capodieci e Alceste Semeraro, tossicomani cronici, furono tra i primi collaboratori di giustizia che affossarono alle radici la Scu. Nel suo colloquio con il vecchio boss è chiaro: “Quando ti metti con i piedi a terra la mattina, che prendi e vai, andate a fare l’azione, allora è. Non quando vi ubriacate, vi tirate, andate a fare le azioni, il giorno dopo poi siete dei conigli”. Per proseguire la tradizione familiare sulle orme e secondo gli schemi del nonno, persa masseria Canali divenuta baluardo della lotta alla mafia, Lamendola stabilisce il suo quartier generale a pochi chilometri da quel luogo, in contrada Mascava, territorio comunale di Brindisi. E’ qui che avvengono gli incontri, per mesi filmati e registrati dai carabinieri, è qui vengono sotterrati i soldi i contanti e anche la droga, tanta droga. La sola persona di cui si fida davvero è il padre Cosimo, detto “Bicicletta”, più volte comparso negli anni in vicende giudiziarie ma mai assurto al ruolo di capo. Gianluca si confida spesso con lui, raccontandogli i suoi piani. Il padre esegue. Ha un suo marchio, il giovane boss, la firma sulla carne viva delle sue vittime che vuole intimidire e alle quali vuole lasciare un segno permanente: l’incisione con un coltello sulla spalla destra di una stella, tangibile e visibile che egli era passato di là, un po’ come il mandriano con il gregge per sancire la proprietà sul soggetto passivo. Per prelevare le vittime che meritano la sua punizione spedisce i suoi uomini, a volte con auto munite di lampeggianti blu, fingendo di essere carabinieri in borghese. Vengono portati alla masseria, picchiati, marchiati e rispediti a casa. «Giuro su questa punta di pugnale bagnata di sangue…» è l’incipit del primo giuramento della Sacra corona unita. Il giudice per le indagini preliminari che ha firmato le ordinanze di arresto ha definito quella dei Cantanna-Lamendola, una “mafia di scuola”, il momento d’arrivo di una storia mafiosa all’antica dove le regole avevano sempre un senso ed erano l’asse portante di un sistema che non ammetteva sbagli. Il rispetto delle donne, culminato nell’imposizione a un affiliato, reo di violenza sessuale, prima di una detenzione domiciliare obbligata e poi del bando dall’associazione, è emblematico della struttura voluta dal giovane boss, nella quale vige il divieto assoluto di drogarsi, il rispetto totale verso il capo, l’ubbidienza agli ordini di un manipolo di uomini. La masseria di contrada Mascava come base centrale, insieme alla “piscina”, ovvero un “B&B” nelle campagne di Fasano dove viene nascosta la droga, con i terreni usati come nascondigli e una strettissima sorveglianza notturna. E infine la consapevolezza di essere monitorati dalle forze dell’ordine che non li fa arretrare di un passo, rispondendo con la bonifica dalle microspie dei mezzi. Pestaggi, estorsioni, tentati omicidi, 44 capi d’imputazione che comprendono tutti i reati del codice penale (escluso l’omicidio): questa è la Sacra Corona 3.0 alla quale i carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni hanno inflitto un durissimo colpo. Gianluca e Cosimo Lamendola, figlio e padre, Carlo Cantanna, nonno. Una famiglia di risalenza mafiosa. -------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------- Condividi su FacebookTwitterGoogle+Invia per emailWhatsApp -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE CITTA' / 2 Novembre 2023 MESAGNE: ANCHE L’ARCIVESCOVO INTINI ALLA MOSTRA “CARAVAGGIO E IL SUO TEMPO” Continua il successo della mostra "Caravaggio e il suo tempo", allestita presso il castello normanno-svevo di ... Di sebrindisi CITTA' / 2 Novembre 2023 ASTI: DROGA E TELEFONI IN CARCERE CON UN DRONE, SOSPETTATO UN BRINDISINO Si trova già in carcere, con l'accusa di aver recapitato all'interno della struttura penitenziaria droga (has... Di sebrindisi CITTA' / 2 Novembre 2023 LE PRIME NOTIZIE DI GIOVEDÌ 2 NOVEMBRE / VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=7erSUzs7fwU... 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