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(Simone Boccaccio / SOPA Images) Ascolta la versione audio dell'articolo 6' di lettura Fondi utilizzati in maniera dispersiva, progetti «sopravvalutati» nella loro efficacia e un terzo motivo di critica, il più delicato: un’attenzione «inadeguata» ai diritti umani dei migranti e agli abusi a loro danno. È il bilancio vergato a fine settembre dalla Corte dei conti Ue, un’istituzione di controllo sui fondi Ue, sui risultati e le - diverse - problematiche del cosiddetto Eu Trust Fund, o EUTF: un fondo fiduciario da 5 miliardi di euro costituito dalla Ue nel 2015 per intervenire sulle tre regioni di Sahel e lago Ciad, il Corno d’Africa e l’Africa settentrionale, alcune delle zone più sensibili per i flussi migratori nel Continente. Bettina Jakobsen, il membro della Corte dei conti europea responsabile del rapporto, ha già parlato pubblicamente di un modello incardinato su un «sostegno frammentato» e «poco attento alle priorità strategiche», ribadendo poi a Sole 24 Ore e Der Standard le incongruenze emerse nel rapporto. Un affondo che chiama in causa l’intera impalcatura delle politiche Ue sulla gestione dei movimenti, a cominciare dal pilastro consacrato da accordi come quelli con Libia, Tunisia o Egitto: l’esternalizzazione del controllo delle partenze, la ratio dei finanziamenti miliardari accordati negli ultimi scampoli di legislatura a Tunisi e Cairo. IL (MAL)FUNZIONAMENTO DEL FONDO FIDUCIARIO La stroncatura della Corte dei conti ha riacceso i fari, almeno in sede comunitaria, su uno strumento emerso ai picchi della cosiddetta crisi migratoria del 2015 e già criticato dall’organismo di controllo nel 2018. Il fondo è nato con gli obiettivi dichiarati di sostenere la «stabilità» della regione a contribuire a una «migliore gestione dei flussi», fissandosi priorità che includono misure contro la tratta di esseri umani, gli sforzi per la stabilizzazione delle regioni e la protezione dei migranti vulnerabili. Il fondo, sottolinea la Corte, ha ricevuto oltre 5 miliardi di euro di contributi e fornito sostegno a 27 paesi africani. La quota maggiore della sua dotazione, pari a 4,4 miliardi di euro (88%), è attinta da Fondo europeo di sviluppo e dal bilancio dell’Ue con due contributi pari rispettivamente al 66,9% e al 20,8%. Il restante 12% arriva per il 37% della Germania, il 20% dall’Italia e per il 43% da «altri Paesi donatori». A dicembre 2023 i pagamento erogati si aggiravano poco sopra i 4,5 miliardi di euro, distribuiti con una quota del 42% a favore di Sahel, il 36% al Corno d’Africa e il 20% sull’Africa settentrionale. Gli esiti sono quelli contestati dal rapporto, dopo un’analisi applicata soprattutto su cinque Paesi: Etiopia, Gambia, Mauritania, Libia e Tunisia. Loading... Il rapporto della Corte scende nel dettaglio di varie storture nel funzionamento del fondo. Ci sono casi di «rendicontazioni gonfiate» e «dichiarazioni inesatte», o ancora denunce di «attività non più sostenibili, difficili da attuare o non direttamente collegate agli aspetti più urgenti della crisi migratoria», come la «ristrutturazione del lungomare di Al Shabbi a Bengasi», il restauro del teatro romano di Sabratha, in Libia o la fornitura di attrezzature sportive e da cucina per le scuole con «urgenti necessità di infrastrutture di base». Uno dei capitoli più critici resta quello sulle violazioni dei diritti umani, espresso nel divario fra «le intenzioni della Ue» e i risultati di progetti che godono di finanziamenti comunitari. Fra gli esempi più indicativi ci sono i «potenziali rischi per i diritti umani associati a più attività dell’EUTF in Libia», uno dei Paesi al cuore della strategia di esternalizzazione del controllo della frontiera sposata da Bruxelles e singoli governi, in testa quello italiano. La fornitura di imbarcazioni, attrezzatura e formazione alla Guardia costiera libica, evidenzia il report, nasce con l’intenzione di «aumentare la sorveglianza» e «ridurre le morti in mare», salvo sfociare nelle casistiche contestate dalla Corte e denunciate da varie organizzazioni non governative: le attrezzature «potrebbero non essere utilizzate dai beneficiari», il personale addestrato si guarda bene dall’osservare il principio di «non nuocere» ai migranti e i soggetti coinvolti si sottraggono al «monitoraggio», un’accusa rinnovata e ampliata nel caso dei «centri di trattenimento» inaccessibili a osservatori esterni e operatori umanitari. CONSIGLIATI PER TE INFERMIERI CON NUOVE COMPETENZE: LAUREE, PRESCRIZIONI E POLEMICHE CON I MEDICI 13 ottobre 2024 CAMBIANO I ROGITI IMMOBILIARI: L’IMPORTO DELLE PROVVIGIONI NON DOVRÀ PIÙ ESSERE INDICATO 13 ottobre 2024 Accedi e personalizza la tua esperienza L’autrice: i diritti umani non affrontati in maniera adeguata ABBONAMENTO OFFERTA BACK TO WORK: 12 MESI DI SOLE A 79€! ACCESSO ILLIMITATO AL SITO DE IL SOLE 24 ORE. Scopri di più Libri L’ALTRO ZIO SAM Scopri di più Jakobsen, il membro della Corte responsabile del report, sottolinea che il nucleo delle critiche si era già formato ai tempi dei primi rilievi nel 2018. Sei anni dopo, è cambiato poco: «L’aspetto più preoccupante è che i fondi non sono ancora sufficientemente mirati o concentrati sulle priorità o sui bisogni più urgenti» fa notare, evidenziando almeno tre elementi di critica. Il primo è che «il Fondo per la migrazione è semplicemente troppo poco distribuito sul territorio, poiché finanzia una gamma troppo ampia di azioni nel campo dello sviluppo, degli aiuti umanitari e della sicurezza. In futuro, il Fondo dovrà concentrarsi maggiormente per evitare che la storia si ripeta». In seconda battuta, aggiunge Jakobsen, «i risultati dei progetti finanziati sono spesso sopravvalutati. Ad esempio, il team di audit ha visitato un laboratorio artigianale che era stato dichiarato completato, ma in realtà l’edificio non era affatto ultimato e quindi non era operativo». In terza battuta affiora l’attenzione blanda ai diritti umani, incluse le procedure standard per la raccolta di denunce su casi di abusi: «In particolare, la Commissione non dispone di procedure formali per segnalare, registrare e seguire le presunte violazioni dei diritti umani in relazione ai progetti finanziati dall’UE. I nostri revisori non possono quindi confermare che tutte le accuse siano state seguite» 0 LE ULTIME DI 1. PENSIONI, DA QUOTA 103 AL TFR: TUTTE LE NOVITÀ DELLA MANOVRA 2025 di Marco Rogari 2. BANCHE EUROPEE E TASSI D’INTERESSE, COME SCEGLIERE I MIGLIORI TITOLI IN BORSA di Fabrizio Arnhold 3. MANOVRA, ECCO COME CAMBIANO LE DETRAZIONI, TETTI DI SPESA PER REDDITI E FIGLI A CARICO di Marco Mobili e Giovanni Parente Loading... La Corte, dettaglia Jakobsen, ha «riscontrato che i controlli ex-ante effettuati dalla Commissione sul potenziale impatto dei progetti sui diritti umani non erano sufficientemente completi». Nel caso della Libia, la Commissione ha introdotto un monitoraggio da parte di terzi per migliorare la supervisione dell’impatto delle sue attività sui diritti umani, tanto «utile» agli occhi della Corte quanto vanificato da un’assenza: quella di «procedure formali presso la Commissione per la segnalazione, la registrazione e il follow-up delle accuse di violazione dei diritti umani in relazione ai progetti finanziati dall’Ue - dice Jakobens - Ad esempio, dieci responsabili di programma che hanno risposto alla nostra indagine di audit - condotta nelle tre regioni (Nord Africa, Sahel e Lago Ciad, Corno d’Africa) - hanno dichiarato di aver riferito ad altri colleghi le accuse di violazione dei diritti umani. Tuttavia, la Commissione, a livello di sede centrale, ha registrato una sola denuncia di questo tipo». LE FRAGILITÀ DELL’APPROCCIO UE SULLE MIGRAZIONI Le fragilità del fondo rispecchiano quelle dell’intero approccio europeo alle migrazioni dal Continente. «Le azioni dell’Ue in materia di fuga e migrazione dall’Africa verso l’Europa - spiega Adel-Naim Reyhani, esperta di Diritto internazionale al Ludwig Boltzmann Institute of Human Rights di Vienna (Austria) - hanno l’effetto di impedire alle persone di esercitare il loro diritto di fuggire da situazioni di gravi violazioni dei diritti umani, di muoversi liberamente e di cercare protezione altrove. Inoltre, attraverso la cooperazione con i Paesi africani, l’Ue è coinvolta almeno indirettamente in altre gravi violazioni dei diritti umani». In Paesi come la Tunisia, spiega Reyhani, « i fondi Ue vengono utilizzati anche per le forze di sicurezza che usano regolarmente la violenza contro i migranti, violentano le donne, abbandonano i migranti a morire nel deserto o li respingono in aree non sicure». La situazione resta la stessa già evidenziata dal report, quella della Libia. La Ue «sta violando il diritto internazionale consentendo e sostenendo gli attori libici a detenere i richiedenti asilo e a impedirne la partenza - dice Reyhani - Il Paese non dispone di strutture governative adeguate. Le aree che attraversano le principali rotte migratorie sono controllate, tra gli altri, da gruppi armati locali che sfruttano, trattano come merce e torturano le persone in fuga. Anche la guardia costiera libica - un partner chiave dell’UE - è coinvolta con questi gruppi criminali e abusa delle persone in movimento». Insieme alla guardia costiera, aggiunge, Bruxelles «sta violando il diritto internazionale impedendo alle persone di fuggire dalla situazione di illegalità che esiste in Libia. Ad esempio, Frontex fornisce alla guardia costiera libica i dati di coordinamento delle persone in fuga, sapendo che questo approccio porta a ulteriori maltrattamenti delle persone colpite in Libia». Alle origini di un approccio disfunzionale, dice Reyhani, ci sono uno sguardo tanto insistente sulla prevenzione dei flussi migratori quanto miope sulle cause dei flussi: «La comprensione delle cause della migrazione da parte dell’Ue tende a ridurre i fattori complessi alla povertà, ai conflitti o alla mancanza di opportunità - spiega - trascurando inoltre eccessivamente l’impatto delle stesse politiche comunitarie sull’aumento della migrazione irregolare. Un altro difetto fondamentale è il presupposto che il progresso economico riduca sempre la migrazione». L’esito è che la Ue «enfatizza eccessivamente la migrazione dall’Africa come un problema, sia per la regione che per l’Europa, il che alimenta la percezione negativa dei migranti e rende difficile un approccio più equilibrato». *Questo articolo rientra nel progetto Pulse ed è stato scritto da Alberto Magnani (Il Sole 24 Ore, Italia), Kim Son Hoang, Der Standard (Austria) CRIPTO BITCON È O NO UN BENE RIFUGIO? Analisi fondamentale della criptovaluta e di quella che è la percezione attuale degli investitori. In questa nuova puntata Vito Lops approfondisce con il massimo esperto Giacomo Zucco quale è il ruolo... Ascoltalo ora Riproduzione riservata © * Argomenti * Unione Europea * diritti umani * Libia * Corte dei Conti della Comunità Europea * Corte dei Conti PER APPROFONDIRE * MIGRANTI, LE RASSOMIGLIANZE DI MELONI E SANCHEZ SUI FLUSSI «REGOLARI» * ALBERTO MAGNANIREDATTORE * @AlbMagna17 Luogo: Milano Lingue parlate: inglese, tedesco Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation" * Scheda autore * Trust project Loading... BRAND CONNECT Loading... I PROSSIMI EVENTI Tutti gli eventi NEWSLETTER Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari. 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