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Per molti lo sport è un lusso che non possono permettersi. E' tra le fasce più
deboli della popolazione, per i bambini che vivono in situazioni di grave
marginalità, che lo sport diventa uno strumento prezioso di benessere e di
inclusione sociale.

Diventa donatore regolare con soli 30 centesimi al giorno.
Un piccolo gesto quotidiano che illuminerà i volti dei nostri bambini con i
sorrisi che meritano.

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QUANDO SPORT SENZA FRONTIERE È ARRIVATA NELLA VITA DEI MIEI FIGLI, TUTTO È
CAMBIATO!

Sono un papà italiano, di 45 anni, disoccupato. Un nuovo povero, di quelli che
leggete sui giornali. Quando ho conosciuto Sport Senza Frontiere ero nel momento
più buio della mia vita. Ho due figli, una moglie che per crescerli ha smesso di
lavorare, e non sapevo più come provvedere a loro. Al grande, 12 anni, avevo
dovuto dire che non avevo più soldi per pagare le sue gite scolastiche, le sue
vacanze, e soprattutto il suo amato sport, il rugby. Avevo distrutto i suoi
sogni e non riuscivo più a guardarlo negli occhi. Sono andato via, la mia
presenza in casa era diventata un peso per tutti. Poi a mia moglie hanno parlato
di Sport Senza Frontiere.

 

Non mi vergogno ad ammettere che ci hanno letteralmente preso in carico, e hanno
cominciato dalla cosa più importante per i miei figli: dallo sport. Il grande ha
ricominciato ad andare a rugby, Federico (il suo tutor) lo seguiva sempre agli
allenamenti, come prima facevo io. La piccola ha cominciato la pallavolo. Si
sono presi cura della loro salute, li hanno seguiti nei compiti, hanno fatto sì
che la loro nuova situazione, con delicatezza, venisse accolta e compresa dalla
società sportiva. Ora siamo di nuovo una grande famiglia e io ho cominciato a
fare dei lavori di manutenzione in alcune società della rete solidale di Sport
Senza Frontiere. E' una associazione seria e competente, che cambia davvero le
cose nel concreto e non solo a parole. Auguro a tutti i papà in difficoltà come
me di incontrarli sulla loro strada.


STORIA DI F.


A NAPOLI, PORTIAMO LO SPORT NEI QUARTIERI ORIENTALI E A SCAMPIA

Mi chiamo Valeria e sono la coordinatrice di Sport Senza Frontiere a Napoli,
ogni giorno nei quartieri di Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio e
Scampia ci battiamo per l’inclusione sociale e la tutela della salute di minori
in situazioni di disagio. L’inclusione per un bambino significa innanzitutto
costruire relazioni, con i propri coetanei, con i compagni di classe o con i
compagni di squadra. Migliorare le sue condizioni di salute significa invece
prendersi cura di lui giorno dopo giorno.
Vi racconto la storia di T. che vive con i genitori e due fratelli a Napoli, in
uno di quei quartieri dove di centri di aggregazione per ragazzi non ne
esistono. Esiste solo “la strada” con tutti i suoi pericoli.


T. non aveva mai praticato sport, la sua famiglia non poteva permetterselo. Suo
padre non ha un lavoro stabile e la mamma svolge alcuni lavoretti come donna
delle pulizie. Quando l’ho conosciuta aveva 11 anni, era una bambina abbastanza
alta, la cui corporatura salda e resistente, in qualche modo, rivelava già
determinazione e risolutezza. Era grande per intraprendere uno sport come la
ginnastica artistica, dove ruote e verticali mettono a dura prova qualsiasi
atleta, ma nonostante ciò lei ha iniziato ad apprendere velocemente. T. da
subito è presente, fedele, entusiasta e felice di misurarsi con uno sport che
richiede disciplina e concentrazione. Come lei stessa spiega, la ginnastica
artistica la rende spensierata, allegra, leggera. Lo si vede, senza alcun
dubbio, nei suoi occhi neri e intensi; si vede nel suo bel sorriso quando la
incontri al palazzetto dove si allena. Se chiedi a T. cosa vuol dire fare sport
e cosa significa per lei Sport Senza Frontiere, risponde così: “Sul tappeto
dimentico tutto, c’è solo la ginnastica artistica!”


VALERIA.


DONARE È COME LO SPORT: TI FA STAR BENE!

Perché donare?  La risposta piú banale che mi viene in mente è” perché no”…
risposta infantile in effetti, un concetto semplice. Tant’è che sono appunto i
bambini quelli che donano con più facilità e sincerità.
Perché io dono? Perché… sono egoista.


Si sono egoista, mi piace stare bene, essere soddisfatto e appagato. Mi piace
addormentarmi col sorriso stampato sul viso, appagato di aver “incassato” più di
quanto ho versato. Perché quando si dona si ha sempre una restituzione, che non
è detto arrivi immediatamente. Però ci sono quelle volte in cui un bambino o un
ragazzo che hai aiutato ti scrive un messaggio, un semplice “grazie, ti voglio
bene” che vale tantissimo e ti fa sentire di aver fatto qualcosa di buono. Con
pochi euro al mese si riesce a ottenere un beneficio immenso in termini di
emozioni provate.
Il donare è come lo sport. Quando lo fai stai bene. E poco importa se rispetto
ad altri “sport” non aiuta a calar la pancia, io sono egoista, io dono e sono
contento. Ed è per questo che oltre ad essere donatore regolare di Sport Senza
Frontiere, ogni estate mi “regalo” anche una settimana a Joy Summer Camp come
volontario di questo fantastico campo estivo. Sempre perché sono egoista!


PIERPAOLO.




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