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A febbraio 2014, il popolo ucraino ha cacciato il presidente filorusso Viktor Yanukovich, instaurando un governo ad interim filoeuropeo non riconosciuto da Mosca. Vladimir Putin ha risposto annettendo la Crimea e incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nel Donbass, regione nel Sudest del Paese. Oggi le generazioni più giovani spingono l’Ucraina verso l’Europa, e anche l’attuale presidente Volodymyr Zelensky — eletto nel 2019 — è vicino all’Occidente. Il conflitto, però, ha radici più antiche e profonde. Il presidente russo ritiene che il suo Paese abbia un «diritto storico» sull’Ucraina, che faceva parte dell’Unione Sovietica fino al collasso del 1991: lo ha anche scritto apertamente in un lungo articolo pubblicato lo scorso anno, in cui definisce Russia e Ucraina «una nazione». Il crollo dell’Unione Sovietica ha lasciato profonde cicatrici in parte del popolo russo: lo stesso Putin lo aveva definito «la più grande catastrofe geopolitica» e l’Ucraina era stata la perdita più dolorosa. In molti, scrive David Sanger sul New York Times, ritengono che Putin si ritenga ora «in missione per correggere questo errore». Inoltre, lo scorso anno, l’Ucraina ha approvato una legge che proibisce a 13 oligarchi di possedere dei media per influenzare la politica, colpendo direttamente l’amico di Putin Viktor Medvedchuck, uno degli uomini più ricchi del mondo. Oltre alla sua attività di petroliere, infatti, Medvechuck — che è ancora ai domiciliari, accusato di altro tradimento — è il leader del principale partito filorusso d’Ucraina, Piattaforma dell’Opposizione, ed è proprietario di un impero televisivo attraverso il quale diffondeva la propaganda di Mosca e influenzava la politica ucraina. Poco dopo il suo arresto, Putin ha cominciato ad ammassare truppe al confine. 2. Cosa c’entra in tutto questo la Nato? L’Ucraina vuole entrare nella Nato, la Russia si oppone. Già dal 2008 — in seguito al summit di Bucarest e prima dell’arrivo del governo filoeuropeo non riconosciuto da Putin — Kiev stava lavorando per entrare nell’Alleanza atlantica, che non può però accettare nuovi membri già coinvolti in conflitti. Per essere ammessa, inoltre, l’Ucraina ha bisogno di combattere la corruzione che domina nel Paese e di intraprendere un percorso di riforme politiche e militari. In questo momento, dunque, un ingresso nella Nato è altamente improbabile, anche per l’opposizione della Russia: per Putin l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica sarebbe il punto di non ritorno, anche se la Russia non ha formalmente alcun potere di veto. L’Ucraina, invece, chiede una timeline precisa per entrare nell’Alleanza atlantica. A questa domanda ha risposto, indirettamente, anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden: «La possibilità che l’Ucraina si unisca alla Nato in tempi brevi è molto remota», ha detto il presidente americano. L’interferenza russa, intanto, ha rinnovato anche le ambizioni di Paesi come Finlandia e Svezia, che Mosca vorrebbe tenere fuori dal Trattato nordatlantico. 3. Perché la Russia teme l’allargamento della Nato? Al momento solo il 6% dei confini russi toccano Paesi della Nato, secondo il dipartimento di Stato americano. L’Ucraina però condivide con la Russia una frontiera lunga 2.200 chilometri. Il Cremlino vuole soprattutto mantenere la sua sfera d’influenza nell’area, e vuole che la Nato rinunci alle sue attività nell’Est Europa, tornando alla situazione del 1997: da allora sono diventati membri dell’Alleanza atlantica Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord. Questo significherebbe che la Nato dovrebbe ritirare le proprie truppe dalla Polonia e dalle tre repubbliche baltiche, oltre che i propri missili da Polonia e Romania. Mosca accusa infatti la Nato di riempire l’Ucraina di armi e gli Stati Uniti di fomentare le tensioni. Per questo Putin, parlando dopo l’incontro con Macron del 7 febbraio, ha parlato anche del suo arsenale atomico: «Lo capite o no che se l’Ucraina entra nella Nato e tenta di riprendersi la Crimea con mezzi militari, i Paesi europei saranno automaticamente trascinati in una guerra con la Russia? Ovviamente i potenziali militari di Russia e Nato sono imparagonabili, e lo sappiamo. Ma sappiamo anche che la Russia è uno dei Paesi dotati di armamenti nucleari, e che per alcune componenti supera il livello di diversi Paesi. Non ci saranno vincitori. Voi europei sareste trascinati in una guerra contro la vostra volontà». 4. Putin dice che non invaderà l’Ucraina: è credibile? I fatti indicano una situazione diversa: in particolare il massiccio schieramento di soldati lungo il confine, il sostegno ai separatisti del Donbass — ai quali è stato fornito mezzo milione di passaporti russi — e la minaccia di dure conseguenze se l’Ucraina dovesse fare qualcosa di provocatorio. Putin ha inoltre già attaccato la Cecenia nel 1999, la Georgia nel 2008, la stessa Ucraina nel 2014 e la Siria nel 2015. Come nota Henry Foy sul Financial Times, però, si sta verificando anche un approccio piuttosto inusuale per la diplomazia moderna: la Casa Bianca, la Nato e l’Unione europea stanno diffondendo una grande quantità di briefing, informazioni di intelligence, minacce e accuse di vario genere — materiale in genere riservato ai negoziati — al fine di evitare una guerra. Tutto questo, spiega il corrispondente da Bruxelles del quotidiano britannico, ha esposto al pubblico globale le divisioni del fronte occidentale su come affrontare la Russia. 5. Ma come giustifica Putin lo schieramento dei soldati al confine? La Russia ritiene di poter muovere le truppe a suo piacimento all’interno del proprio territorio, spiega il corrispondente da Mosca della Bbc Steve Rosenberg. Non solo: sono in corso anche esercitazioni («programmate») con la Bielorussia. 6. Perché gli Stati Uniti si interessano all’Ucraina? Come scritto da Giuseppe Sarcina qui, «il presidente americano non ha cercato lo scontro con i russi: la sua agenda era un’altra. Biden è convinto che la crisi ucraina sia piena di rischi anche sul versante della politica interna. Il motivo è molto semplice. Se Putin bluffa o alla fine si arriva a un accordo, saranno in molti a rivendicarne i meriti. Ma se il leader russo attacca e paralizza mezzo Occidente, allora tutti chiameranno in causa le responsabilità, la «debolezza» di Biden. All’inizio del 2021 l’Amministrazione Usa pensava di poter «stabilizzare» le relazioni con il Cremlino, offrendo collaborazione sul terrorismo e un piano graduale di disarmo. Oggi è costretta, suo malgrado, a dover aggiornare la linea politica, preparandosi a uno scontro con Mosca da anni Sessanta. La Casa Bianca, inoltre, non vuole farsi trovare impreparata a nessun livello, a costo di apparire allarmista. Ecco perché, tra l’altro, sta sollecitando i cittadini americani a lasciare Kiev: non si devono ripetere le disastrose e umilianti scene di panico viste a Kabul nell’agosto scorso». Gli Stati Uniti vogliono di certo limitare l’influenza di Vladimir Putin — temono l’espansione russa nell’Europa dell’Est — e difendere il principio per cui ogni Paese ha il diritto di scegliersi il proprio destino e le proprie alleanze: non solo per l’Ucraina, ma per tutti i Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e che negli anni Novanta sono passati con la Nato. «C’è una ragione fondamentale per cui gli Stati Uniti e il resto del mondo democratico dovrebbero sostenere l’Ucraina nella sua battaglia contro la Russia di Putin», scrive Francis Fukuyama su American Purpose. «L’Ucraina è una vera democrazia liberale, anche se in difficoltà. La popolazione è libera, in un modo in cui i russi non lo sono. Possono protestare, criticare, mobilizzarsi e votare. Per questo Putin vuole invadere l’Ucraina: la vede come una parte integrante della Russia, ma sopratutto ne teme la democrazia che può proporre un modello ideologico alternativo per il popolo russo». Secondo Fukuyama, quindi, l’Ucraina oggi è lo Stato in prima linea nella battaglia geopolitica globale fra democrazia e autoritarismo. La crisi ucraina, inoltre, trascende i confini europei: anche la Cina sta osservando attentamente la risposta occidentale, scrive lo storico, mentre valuta i rischi di reincorporare Taiwan. «A Washington», scriveva ancora Sarcina, «ora è chiaro a tutti che la partita sia doppia. La vice segretaria agli Esteri, Wendy Shelman, lo ha detto esplicitamente: se diamo via libera a Putin, stiamo anche consegnando Taiwan a Xi Jinping». 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