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ASSETTI ORGANIZZATIVI E INFORMATICA NEGLI UFFICI GIUDIZIARI

By admin | aprile 6, 2007




ASSETTI ORGANIZZATIVI E INFORMATICA


NEGLI UFFICI GIUDIZIARI

  Sommario: 1. L’informatica giuridica – 2. L’informatica giudiziaria -  3. Una
mancata innovazione – 4. L’intuizione a disposizione del sapere – 5. Flussi di
informazione – 6. L’informatica e i suoi procedimenti  Bibliografia:  Enrico
Opocher, Lezioni di filosofia del diritto, II ed., Padova 1993; Jean-Francois
Lyotard, La condizione postmoderna, Milano 1982; Gianfranco D’aietti,
L’informatica individuale negli uffici giudiziari, Milano 1991; Giancarlo Taddei
Elmi, L’informatica giuridica nella (e per la) filosofia del diritto, Milano
1991; Guido Mario Rey  Milano,  Informatica e pubblica amministrazione SMAU, 21
ottobre 1996; Renato Borruso, L’originalità del sistema Italgiure: il dato
giuridico globale, Milano 1991; SIlvano Tagliagambe, Rete, paradigma della
conoscenza, Cagliari, 21 ottobre 1998.  

1.      L’INFORMATICA GIURIDICA

 Non è necessario avere familiarità con gli uffici giudiziari per cogliere con
immediatezza l’inefficienza della macchina giudiziaria, un sistema afflitto da
notevoli ritardi molti dei quali determinati da una cattiva gestione delle
risorse ed una improduttiva organizzazione degli uffici. Uno stato di cose a cui
si è tentato vanamente di porre rimedio. Più o meno recentemente si sta provando
con l’impiego delle moderne tecnologie ed in particolare con l’informatica;
molto meno con strumenti  capaci di incidere sugli assetti organizzativi del
lavoro. In verità l’informatica e l’automazione dei servizi giudiziari sono
stati subito individuati quali strumenti per l’efficienza della macchina
giudiziaria. E non sono mancate iniziative significative tanto che l’inizio
dell’automazione giudiziaria nel nostro paese è stato esaltante: l’informatica
giuridica ha fornito uno strumento formidabile ai magistrati per indagare
orientamenti e precedenti giurisdizionali sostituendo con notevole efficacia le
raccolte cartacee, ma soprattutto inserendo una filosofia tutta nuova nel
panorama giudiziario italiano.  La straordinaria e prestigiosa esperienza del
Centro Elettronico di Documentazione Giuridica presso la Suprema Corte, è
rimasta ineguagliata e il suo valore e la sua utilità, hanno ottenuto un
consolidato riconoscimento internazionale Si potrà pure osservare che lo sforzo
nel creare il Centro – orientato più ad un’attività concettuale che pratica –
era più “a portata di mano” del gruppo promotore; nondimeno la struttura
realizzata ha rappresentato una punta di orgoglio per il Paese.  I medesimi
risultati non sono stati conseguiti nel settore giudiziario, dove le difficoltà
di ordine pratico e i dinamismi storicamente lenti (per questo più insidiosi)
dell’amministrazione giudiziaria, hanno fatto la differenza.  Questo discorso,
validissimo qualche decennio fa, ora richiede un aggiornamento, soprattutto per
quanto riguarda il suo aspetto “dinamico”. L’originalità del sistema
ItalgiureFind (poi Easy Find e ora ItalgiureWeb) risiede nella globalità della
documentazione; in breve, si tratta di un sistema di information retrieval in
campo giuridico molto sofisticato, forse il più sofisticato al mondo, realizzato
da giuristi per giuristi, che si avvantaggia di una continua evoluzione. Il suo
sviluppo, di natura essenzialmente tecnica, concerne l’informazione
automatizzata e il ruolo dell’utente, pur trascurando l’aspetto, per così dire,
evoluzionista del pensiero. Ora l’informatica non è solo un’innovazione
tecnologica, rivoluzionaria di vasta portata, ma è ancor prima una rivoluzione
culturale dagli infiniti risvolti, è un fenomeno culturale, un atteggiamento, un
approccio, un metodo, un modo di vedere, concepire e ricostruire la realtà:
causa e effetto ad un tempo di una più vasta filosofia culturale e scientifica.
Senza addentrarci negli infiniti vincoli d’interazione tra pensiero e
informatica, è sufficiente fare notare che in quasi tutte le Università, la
cattedra che si occupa dell’informatica giuridica è quella di filosofia del
diritto. Il pericolo insito nella concezione “statica” del Ced si rileva nel
carattere rigido dell’orientamento delle decisioni, la cui influenza perpetua
metodi logici, giuridici e sociologici, di riproduzione del ragionamento
giuridico, di previsioni, di sentenze, tutti elementi che se da un lato
conferiscono certezza nell’applicazione del diritto, dall’altro ne paralizzano
ogni gemito evolutivo.Invero la giurisprudenza come dogmatica presuppone per
definizione un compito conservatore e cioè quello di presiedere alla
teorizzazione, all’interpretazione ed allo sviluppo dell’ordinamento vigente,
mentre la filosofia del diritto, come, in generale, tutta la filosofia, sembra
avere piuttosto, un compito rivoluzionario e cioè quello di dissolvere le
certezze dell’esperienza nella problematicità e, quindi, di porre nella
coscienza il germe delle più profonde trasformazioni. Tanto è vero che
“problematicità”  e “ideologismo” sembrano costituire, almeno in superficie, le
due principali accuse che i giuristi, in quanto dogmatici, sogliono lanciare
contro la filosofia del diritto. Questa critica ha di mira più che la rigorosità
dell’indagine scientifica e la verificabilità dei risultati, come avviene in
generale per le scienze, la difesa del positivismo giuridico, vale a dire della
conformità del lavoro del giurista alle orme giuridiche positive poste dal
legislatore. Al pari dello scientismo, vale a dire dell’atteggiamento che,
particolarmente in periodi di grande progresso scientifico e di assopimento
nella vita della coscienza, come appare indubbiamente il nostro, induce lo
scienziato a ravvisare nella scienza l’unica possibile fonte di conoscenza e a
negare, di conseguenza, ogni legittimità del sapere che non si riduca agli
schemi della ricerca scientifica, il giurista intende il positivismo giuridico
come un sistema coerente, rigoroso  e neutrale, la cui validità dipende dalla
legittimità formale e non dalla legittimità sostanziale, ossia di contenuto.C’è
da attendersi un colpo d’ala che superi le applicazioni documentarie per
dedicarsi alle esperienze metadocumentarie o decisionali, tese a riprodurre
automaticamente le attività più elevate del giurista, il parere, la consulenza e
la decisione, in breve a dare soluzioni di problemi e non solo documentazione di
problemi. Insomma il diritto non solo come oggetto di documentazione, ma oggetto
di interpretazione, integrazione e applicazione; l’informatica giuridica non più
solo teoria della informazione giuridica automatica, ma teoria della decisione
giuridica automatica.
                                                                                                               

2.      L’INFORMATICA GIUDIZIARIA

 Poiché l’informatica è stata individuata quale elemento motore dello sviluppo
dell’attività giudiziaria non può bastare un brillante precedente; è necessario
creare strumenti in grado di governare l’ammodernamento della macchina
giudiziaria  che spieghino i loro effetti nei due diversi campi, quello
giuridico e quello giudiziario. Peraltro quasi tutti i settori della pubblica
amministrazione (tralasciamo volutamente il privato), si avvantaggiano delle
tecnologie informatiche in maniera più efficace di quanto riesca il settore
giudiziario. Presentata così la cosa, la prima, banale deduzione porterebbe a
ritenere che tutti gli altri sono bravi, mentre i meno capaci sono quelli
impegnati nel settore giudiziario, presupponendo, in questo ramo, una negativa
concentrazione.  Sappiamo tutti, sia all’interno sia all’esterno del mondo
giudiziario, che così non è. Con questa certezza, dobbiamo interrogarci sulla
mancata efficacia dell’impatto che le tecnologie informatiche hanno nel settore
giudiziario.La prima, più importante questione è senz’altro un problema di
cultura. Ciò non vuol dire che chi opera ad un certo livello nel settore del
diritto debba, di necessità, diventare esperto in informatica giuridica, bensì
che l’esperto in diritto collabori con l’esperto in informatica e viceversa.
Quel che appare essenziale è che i dirigenti sappiano quali siano le
potenzialità che possono ottenere dallo sfruttamento delle risorse informative e
delle telecomunicazioni, in modo tale da poter riorganizzare il loro lavoro.
Dopodichè è necessario avere dei tecnici che siano in grado di programmare,
indirizzare, identificare quali siano i problemi e le soluzioni e controllare
che le decisioni assunte vengano poi correttamente effettuate e realizzate. Sul
punto è strategico mantenere il possesso e l’uso della conoscenza, mentre la
gestione dei centri può essere affidata, sulla base di un’analisi dei costi e
dei benefici, ad organizzazioni interne o esterne del sistema. L’intelligenza,
viceversa, deve essere nelle mani della pubblica amministrazione e non deve
essere delegata all’esterno di essa. Altro rilevante aspetto riguarda la
riorganizzazione dei processi lavorativi (tecnicamente si preferisce chiamarla
reingegnerizzazione): gli esperti, devono essere in grado di trasformare i
processi vecchi e renderli coerenti con le nuove tecnologie. Infine, gli
utilizzatori, ossia la platea più vasta che riguarda migliaia di operatori
giudiziari i quali oggi usano sempre più ma  a volte male, gli strumenti
informatici. E’ necessario che quest’ultimi diventino, se non degli esperti,
certamente delle persone capaci di utilizzare questi strumenti tecnologici in
maniera appropriata, flessibile e dinamica.Tutto questo, espresso in termini
estremamente semplici, significa conoscenza e appropriato uso della tecnologia
informatica nonché un modo diverso di pensare ai processi. Viceversa, se
pensiamo di usare la tecnologia per fare sempre le stesse cose, solo un po’
meglio e un po’ di più, allora ci sbagliamo. . La grandezza della tecnologia
informatica non sta in questo. E’ doveroso trovare il modo di sfruttare i
vantaggi dell’informatica. In molti casi, uno dei vantaggi è di poter cercare
soluzioni adeguate ai processi; questo è qualcosa di diverso dal semplice
reinventare ciò che gli operatori già fanno. E’ poi  necessario mettere in campo
una visione ambiziosa che conduca ad una strategia progressivamente risolutiva
dei nodi gordiani della giustizia; in difetto non sarà mai possibile rinnovare i
processi. Si comprende bene che semplici rimodellamenti delle procedure già
conosciute sono meno sconvolgenti e più riposanti, ma non saranno mai
risolutive.
                                                                                                   

3.      UNA MANCATA INNOVAZIONE 

 Dapprima con grandi ambizioni poi, riconosciuto  l’affanno, con progressivi
ridimensionamenti, il mondo giudiziario è stato tuttavia prodigo di iniziative
pur se dilazionate nel tempo. Purtroppo  le strategie seguite non sempre sono
state chiare e, soprattutto, adeguate ai bisogni del settore.Molte sarebbero le
osservazioni da fare, tuttavia è sufficiente, per il ragionamento che ci
impegna, isolarne due: la sostanziale assenza di una visione innovativa e  il
mancato coinvolgimento delle risorse umane disponibili. La prima questione può
essere affrontata in questi termini: è mancata l’ambizione per soluzioni davvero
innovative,  ovvero la capacità di assumere  atteggiamenti  che mettessero da
parte i vecchi percorsi e  progettassero soluzioni innovative capaci di
rivoluzionare, dall’interno, le procedure, nerispetto assoluto,anche formale, dl
rito. Per essere pratici, sostituire un registro cartaceo con un registro
informatico è indubbiamente un vantaggio, anche rilevante, ma si ha netta la
consapevolezza di non trovasi di fronte ad una rivoluzione. E’ innegabile che le
registrazioni informatiche oltre a garantire un sistema più ordinato, consentono
l’estrazione automatizzata di flussi di informazioni prima impensabile e tante
altre utilità;  tutte cose di un rilevante interesse, peccato però, che
l’efficienza della macchina giudiziaria non se ne sia accorta. Peraltro la
voracità delle procedure adottate richiede macchine dalle prestazioni sempre più
elevate e, in ogni caso, sproporzionate rispetto ai dati inseriti e
successivamente elaborati con dispendio di risorse incompatibile con un panorama
in perenne ristrettezze. Una breve riflessione sul punto. Il controllo della
produzione di un’industria sulla base di ricerche di mercato se fatto
manualmente richiede un tempo superiore a quello relativo ai cicli produttivi,
così concepito la sua utilità risulta nulla. Lo stesso controllo fatto con il
computer richiede tempi di elaborazione così brevi che oggi è diventato
strumento di eccezionale importanza nella pianificazione industriale. Anche la
correttezza delle previsioni meteorologiche si può ottenere soltanto disponendo
di grandi quantità di dati tempestivi e di possibilità elaborative ad alta
velocità.Non pare, e sono in molti disponibili a ricredersi del contrario, che
il settore giudiziario possa vantare medesimi risultati. Anzi appare scontato
che  l’informatica sinora non ha segnato positivamente l’andamento del settore
come, invece, brillantemente  è riuscita a permeare altri settori sia
produttivi  che amministrativi. Merito indubbiamente di un diversa visione e di
un diverso approccio alla disciplina.Ma vi è un secondo aspetto che merita una
riflessione, l’aver ignorato completamente il possibile apporto delle risorse
umane interne. E’ inevitabile che  la progettazione di una piattaforma che si
ponga l’obiettivo di innovare una procedura richieda l’apporto di un sistema
altamente specializzato: tuttavia ignorare pervicacemente coloro che saranno
chiamati ad utilizzarla è come se una fabbrica di automobili nella progettazione
di un’autovettura, ignorasse i desideri, le aspettative e le necessità degli
automobilisti. E’ pur vero che non sono mancate le consulenze e le
collaborazioni di esperti del settore giudiziario, ma nel caso concreto  si è
trattato dell’intervento di magistrati, strenui conoscitori del rito, ma non
certamente chiamati ad utilizzare i registri, ai quali sono addetti i funzionari
della cancelleria. E sinora l’informatizzazione è consistita prevalentemente
nella sostituzione dei registri cartacei con registri informatici. Ma è proprio
necessario il coinvolgimento degli operatori o almeno delle loro figure
apicali?  Ebbene qui si gioca davvero la partita in quanto le piattaforme sinora
elaborate sono state concepite in un modo che si prestano davvero ad una 
chiosa. Pensare seriamente che un operatore possa dedicare le sue prestazioni
lavorative abbarbicato a procedure standardizzate e rigide, senza consentirgli
nemmeno di poter intervenire pur nella sola confezione estetica di un qualsiasi
documento o di personalizzarlo, è qualcosa che semina sconcerto.  In concreto
nessuno spiraglio è concesso, neppure  a chi supera la media per capacità  di
intuizione o ragionamento. Come se si avesse timore dell’intervento di
un’intelligenza divergente, di quella intelligenza, per essere chiari fino in
fondo, che di fronte ad un problema non cerca la soluzione standard, ma ne
cambia i termini per cercare una strada nuova e più semplice, mercè strumenti
nuovi, ma soprattutto mediante diversi profili organizzativi. L’intelligenza non
è una facoltà a se stante, sganciata dal contesto e non ci vuole molto a capire 
che un’intelligenza naturale in un ambiente di lavoro privo di stimoli, è
destinata a spegnersi. Solo qualche cenno sulle dotazioni organiche degli uffici
giudiziari. In verità il problema è di tale vasta portata che da solo
richiederebbe un’attenta disamina. Una prima osservazione: in alcuni uffici di
diretta conoscenza  la pianta organica appare determinata non in base alle reali
necessità, bensì modellata sul personale realmente in servizio. Si ottiene così
l’effetto che  due uffici con un carico di lavoro più o meno simile, hanno
invece figure professionali dissimili.Tutto ciò non può lasciare indifferenti,
giacché ne viene compromessa la visione organizzativa dell’ufficio. Uno degli
effetti indesiderati e che le medesime mansioni sono svolte da diverse figure
professionali, con grave nocumento per il ruolo  dell’operatore, nel caso
concreto quello più professionalizzato.Questa condizione è vieppiù aggravata dal
mancato turn over del personale, considerato che, a cagione delle dissestate
condizioni del bilancio statale, vige da oltre un decennio il divieto di
assunzione di personale  nella pubblica amministrazione. Tutto ciò genera
riverberi negativi di almeno due specie. Il primo riguarda la mancata immissione
nel sistema  di energie fresche e  in possesso della preparazione scolastica
adeguata che può essere appannaggio  solo delle nuove generazioni, quindi di un
sistema privo di ricambio generazionale il solo che possa assicurare un apporto
significativamente valido per le nuove tecnologie. Il secondo è una diretta
conseguenza del primo e concerne la condizione degli operatori in servizio i
quali privati dello stimolo, che solo una nuova  generazione potrebbe
alimentare, stentano, in una misura significativa, a rinverdire la loro
professionalità. L’attuale situazione degli uffici giudiziari è caratterizzata
dal permanere in servizio di personale in possesso di un’età media piuttosto
alta e che al momento dell’insediamento, avvenuto alcuni decenni or sono, era
generalmente sprovvisto anche delle nozioni di base sia di informatica che di
organizzazione del lavoro. Ora costoro  non avvertono   l’esigenza di un
aggiornamento perché non incalzati dalle nuove leve e non sollecitati da
un’amministrazione per sua natura poco incline ad istituire periodici corsi di
aggiornamento.    In un quadro così poco incoraggiante ha poco senso richiamare
gli incentivi non materiali che comprendono gratificazioni morali, stima,
prestigio, familiarità di metodi e di atteggiamento all’interno del sistema
cooperativo che, pure rappresentano uno strumento tra i  più efficaci nelle
scelte organizzative e nella programmazione del lavoro.  Si assiste ad  un
procedere a forza d’inerzia, senza il coraggio di fermarsi per poi ripartire con
diversi intenti,  né di dare significative accelerazioni.Il colpo d’ala potrebbe
venire dalla dirigenza la quale però nel conseguire i suoi obiettivi ( e sono
rari i casi in cui i dirigenti non hanno conseguito tutti gli obiettivi che gli
erano stati assegnati) non pare privilegiare i benefici per la collettività,
bensì solo di assolvere ai compiti istituzionali. Purtroppo i nostri dirigenti
della Pa hanno, sia pure in parte, motivazioni ideali da perseguire, ma il tipo
di cultura che li ha visti crescere  e formarsi li induce alla complicazione e
non alla semplificazione. E se questo lo dice il presidente dell’Autorità
garante della concorrenza e del mercato Antonio Catricalà (Il Sole 24 Ore
3/5/2006, supp. Rapporti)  è da crederci. Egli afferma che il nostro dirigente, 
nella gran parte dei casi, è abituato a utilizzare la procedura come un
ostacolo, mentre la stessa dovrebbe   essere la più snella possibile perché è 
solo un mezzo per arrivare alla decisione finale.
                                                                                                   

4.      L’INTUIZIONE A DISPOSIZIONE DEL SAPERE

 Per sua natura l’informatica è una disciplina in cui coincidono il fare e il
(sapersi) servire di ciò che si fa. E’ quindi sul piano squisitamente concreto e
della realtà che si gioca la partita. Contrariamente a quanto comunemente si
crede, l’informatica non accresce la quantità del sapere, il suo compito è
piuttosto di saggiarne la validità, determinando i limiti e le condizioni di
esso. L’informatica è una disciplina che non può che essere applicata ad
un’altra disciplina, è strumentale per sua naturaRiprendo gli esempi prima
indicati (il controllo di eruzione e  la correttezza delle previsioni
meteorologiche) che certamente non sono una rarità. Ebbene in entrambi i casi
non sì è fatto ricorso ad un sapere aggiuntivo, quanto ad una sua
trasformazione; sono state elaborate ed adottate soluzioni adeguate ai processi,
magari sulla base di un’intuizione, corroborata però dall’applicazione di una
serie di ordini che la macchina ha eseguito velocemente. Insomma è stata
elaborata una procedura che ha reso possibile la descrizione, il calcolo e la
previsione controllata di un’entità che possa essere sottoposta a una tale
procedura. Personalmente non riesco a trovare qualcosa che abbia un impatto
analogo nel campo nel campo giudiziario.La controllabilità delle procedure di
accertamento consiste nella  ripetibilità delle loro applicazioni, con elevato
grado di efficacia dell’accertamento. La controllabilità di un’entità esprime
una procedura che è in grado di fornire informazioni controllabili intorno
all’entità  al fine di descriverla, calcolarla e prevederla. Questa attività non
lascia intatta la natura del sapere, il quale può circolare nei nuovi canali, e
divenire operativo, solo se si tratta di conoscenze traducibili in quantità di
informazione. Si può ragionevolmente inferire che tutto ciò che nell’ambito del
sapere costituito non soddisfa tale condizione sarà abbandonato, e che
l’orientamento delle nuove ricerche sarà orientato dalla traducibilità in
linguaggio-macchina degli eventuali risultati. Attraverso l’egemonia
dell’informatica, si impone una certa logica, cioè un insieme di prescrizioni
fondate su enunciati accettati come enunciati del sapere.L’uso del sapere al
quale l’uomo  accede a qualsiasi titolo, è, in primo luogo un giudizio
sull’origine o validità di tale sapere. Qui si offrono due scenari: il primo si
riferisce all’intuizione, il secondo all’origine umana del sapere. L’uno non
esclude l’altro. In base al primo il sapere, inteso come conoscenza diretta e
immediata, tradizionalmente opposta alla conoscenza logica e discorsiva, può
definirsi intuizione, ossia rapporto diretto con un oggetto qualsiasi, rapporto
che implica la presenza effettiva dell’oggetto. In questo senso l’intuizione è
una forma di conoscenza superiore e privilegiata. La conoscenza umana procede
componendo e dividendo mediante atti successivi di affermazione e negazione.
All’intuizione si fa ricorso per sottolineare il carattere inventivo di una
creazione: essa genera l’idea, sarà poi il ragionamento a dedurre le conseguenze
di questa idea e sottoporle a verifica. Se questa impostazione è corretta ne
derivano non solo certezze prima non verificabili, ma si creano spazi enormi in
cui l’azione giudiziaria può spiegare i suoi effetti in consonanza con le
dinamiche, sempre più accelerate, della postmodernità.  Qui in discorso diviene
più concreto tanto che all’intuizione oggi fanno appello più che i filosofi gli
scienziati e in particolare i matematici e i logici quando vogliono sottolineare
il carattere inventivo della loro scienza. Il secondo approccio ci dice che il
sapere è un acquisto o una produzione dell’uomo. Anche qui ci si riferisce ad un
sapere che non è un privilegio o patrimonio riservato a pochi, anzi ognuno può
contribuire ad incrementarlo. La ricerca e l’organizzazione del sapere è, da
questo punto di vista, il compito precipuo dell’uomo impegnato nella ricerca, in
qualsiasi campo condotta, che obbedisca soltanto alle limitazioni o alle regole
che essa stessa riconosca valide.Nel settore che qui ci impegna il sapere può
essere impiegato sia sotto l’aspetto dinamico dell’intuizione, per definire le
scelte strategiche dell’azione giudiziaria, che in quello più sedimentato,
accessibile e diffuso dell’organizzazione degli uffici. Negli ultimi decenni il
sapere è divenuto la principale forza produttiva, cosa che ha già notevolmente
modificato la composizione della popolazione attiva nei paesi più sviluppati  e
che costituisce  il principale collo di bottiglia nei paesi in via  di
sviluppo.  La crescita qualitativa della pubblica amministrazione è direttamente
proporzionale allo sviluppo della capacità produttiva del Paese. Questa
condizione  è anche uno dei motivi che fanno ritenere che il ritardo dei paesi
in via di sviluppo non cesserà di
aggravarsi.                                                                                                          

5.     FLUSSI DI INFORMAZIONE

 L’organizzazione dei servizi giudiziari è fortemente condizionata dal tipo e
dalla qualità delle informazioni a disposizione. La qualità delle decisioni, in
cui il processo di attivazione degli interventi e dei processi riveste un ruolo
significativo, si realizza a partire dalla raccolta delle informazioni. Le
modalità per attivare e realizzare i flussi informativi, la strumentazione e le
tecniche di trattamento delle informazioni assumono forti implicazioni sul piano
dell’efficienza e dell’efficacia operativa, in quanto contribuiscono a
qualificare o a determinare le qualità dell’intervento. E’, pertanto,
improrogabile la sistemazione dei flussi informativi e la gestione delle
informazioni che si realizza attraverso un uso oculato delle risorse
disponibili. L’apporto strumentale dell’informatica diventa una risorsa nella
risorsa delle informazioni.Una tale procedura non è indifferente per il servizio
giudiziario giacché esso ne uscirebbe trasformato strutturalmente. L’incidenza
di questa trasformazione tecnologica appare rilevante. Esso ne sarebbe colpito
nelle sue due principali funzioni: la ricerca e la trasmissione delle
conoscenze. Quanto alla prima  regolare i flussi informativi garantirebbe di per
sé un rilevante vantaggio. Riguardo alla seconda, è noto che standardizzando,
miniaturizzando e commercializzando le apparecchiature, si siano già oggi
modificate le operazioni di acquisizione, di classificazione, di messa a
disposizione e utilizzazione delle conoscenze. E’ ragionevole pensare che la
moltiplicazione delle macchine per il trattamento delle informazioni investe ed
investirà la circolazione delle conoscenze così come è avvenuto con lo sviluppo
dei mezzi di circolazione delle persone prima e di quelli dei suoni e delle
immagini poi. Attualmente, al di là di una dignitosa organizzazione
dell’informatica di base, nessun reale sviluppo adeguato all’affermarsi di una
struttura dell’informazione si potrà avere senza un nucleo che mantenga in
contatto gli uffici con tecnologie rispetto alle quali già oggi si deve
recuperare un ritardo rilevante.La discussione deve essere indirizzata anche
alla creazione all’interno dell’amministrazione della giustizia di un ambiente
di confronto interdisciplinare che superi il carattere essenzialmente
individuale dell’impiego delle tecnologie informatiche. La forma più adeguata
potrebbe essere quella di un Centro Distrettuale, struttura utile se non
indispensabile per operare concretamente anche per altre ragioni. In particolare
una presenza strutturata, con capacità di gestione finanziaria appare necessaria
per la ricerca delle risorse umane necessarie.
                                                                                                          

6.      L’INFORMATICA E I SUOI PROCEDIMENTI.

 L’informatica assume che la validità dei suoi risultati dipende esclusivamente
dall’organizzazione interna e può essere riconosciuta e stabilita una volta per
tutte, senza bisogno che i risultati stessi siano verificati e convalidati da
procedure o tecniche esterne o indipendenti da essa. Il procedimento
dell’Informatica  è il riconoscimento di un limite delle sue possibilità e di un
controllo dei suoi risultati. Compito dei dirigenti è scoprire quali siano le
possibilità e quale sia l’estensione di tali possibilità sul piano della
riorganizzazione e della trasformazione dei processi amministrativi.La
singolarità dell’adozione della tecnologia informatica nel settore giudiziario
risiede nel fatto che essa scandisce i tempi, le modalità della successione
degli atti e la formazione dei documenti, in un settore che già dispone, per
legge, di un autonomo modo di procedere. Non dimentichiamo che l’informatica
disconosce, per sua natura, le sfumature tipiche del ragionamento umano fatto di
una scala, soggettivamente differente, ma in ogni caso rilevante di distinzioni,
aggiustamenti, accostamenti, approssimazione, ecc.. L’informatica, per usare un
paragone cromatico, non conosce la grande scala dei grigi, bensì l’assoluto
bianco e l’assoluto nero. Qualità questa che se da un lato rappresenta una
garanzia nell’assolvimento di alcune procedure (e non si ha difficoltà ad
aggiungere nelle procedure tout court) dall’altro costituisce un vincolo
impossibile da superare nel momento in cui il dirigente amministrativo si
accinge (o dovesse accingersi) a definire un modello organizzativo per il lavoro
delle cancellerie secondo dimensioni dell’ufficio, della disponibilità delle
risorse umane e strumentali, ecc.. Insomma si vuol richiamare l’attenzione sugli
applicativi (studiati appositamente) che da qualche tempo si aggirano per le
cancellerie, i quali contengono, spesso in modo macchinoso, le varie fasi
procedurali da attivare in corso di causa, circostanze che condizionano
pesantemente l’organizzazione del lavoro, soffocano l’inventiva e la creatività,
negano ogni positiva evoluzione e impediscono l’accrescimento culturale degli
operatori. Solo il cielo sa quanto sia opportuno, invece, che il lavoro degli
uffici giudiziari conosca momenti più leggeri, in pratica più fluidi, più
efficienti, più dinamici. Si prenda in esame le novità legislative e
regolamentari introdotte nell’ultimo semestre per comprendere  facilmente quanto
sia precocemente invecchiata una procedura informatica creata soltanto un anno
prima, cosa che deriva non tanto dalla irrequietezza del legislatore italiano,
bensì dalla dinamica dei tempi. A nulla valgono gli aggiornamenti  spesso
generosamente proposti per ragioni squisitamente economiche, ovviamente per
l’offerente. Il discorso potrebbe continuare all’infinito, quel  che preme con
maggior forza  è riscattare il debito perpetuo dell’efficienza che solo un
atteggiamento di maggiore disponibilità verso l’informatica può
consentire.                                                        Antonio
MARCHESE 

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RISORSE IN RETE

By admin | aprile 6, 2007


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By admin | aprile 2, 2007



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