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IL BORGO, OVVERO SANSEPOLCRO

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125 C’ERA UNA VOLTA L’ALBERGO ROMA …

A Sansepolcro c’era una volta l’Albergo Roma che faceva concorrenza al
Fiorentino. Quando Aldous Huxley si fermò a Sansepolcro (1922) per ammirare “The
Best Picture” fece dei commenti negativi a proposito dell’albergo dove alloggiò,
forse si era dimenticato il nome, cosi non sapremo mai quale fosse.  

Penso che questa sia una cartolina del 1930, circa. Lungo Via XX Settembre, che
tutti ancora chiamano Via Maestra o Corso, si vede sulla destra il Caffe
Appennino, che gloriosamente ha resistito fino ai tempi nostri. Oltre il portone
del palazzo Alberti, quello con la testa del granduca, c’è la drogheria
Mariucci, che poi credo fossero anche i gestori del Caffe Appennino.  Subito
dopo l’edificio dell’Albergo Roma, caratterizzato da porte e finestre ad arco
tondo romano. Forse avevano scelto il nome Roma da contrapporlo al Fiorentino,
Roma era prestigiosa ed anche capitale. C’era un ristorante al primo piano, le
tre finestre, ed un cliente abituale per pranzo era il sor Gherardo Buitoni.
Questo me lo raccontò Gastone Trefoloni, sua nonna materna gestiva l’albergo e
ristorante. Mi domando, ma cosa mangiava il sor Gherardo per pranzo? Forse
preferiva le tagliatelle fatte in casa al 72..

Il mi’ babbo mi raccontava di una epica cena (1927 circa) durata una nottata per
dare un saluto d’addio a un gruppo di Borghesi che aveva deciso di emigrare in
Argentina. Al mattino accompagnarono i partenti alla stazione per prendere il
primo treno, alcuni erano completamente ubriachi.

Quando la notizia che la Torre di Berta sarebbe saltata in aria si sparse fra i
Borghesi, i miei decisero subito di allontanarsi e andarono a chiedere
ospitalità a Dante Trefoloni. Mi è stato raccontato che eravamo nella cantina
dell’albergo Roma quando si senti la gran deflagrazione. Fu una ottima
decisione, infatti ritornati a casa trovarono il tetto della cucina sfondato e
una pietra sul tavolo.  

Penso che l’albergo chiuse subito dopo la fine della guerra.
                              
                                                                                                                                   
                                                                                                                                   
                         

Fausto Braganti

19 febbraio 2022,

Marblehead, USA



ftbraganti@verizon.net

Il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” può essere acquistato nelle librerie di
Sansepolcro.

Questo è un breve filmato di Pascale dell’inizio della presentazione del libro
avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del
Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.


Autore Fausto BragantiScritto il febbraio 20, 2022Categorie ArchivioLascia un
commento su 125 C’era una volta l’Albergo Roma …


123 C’ERA UNA VOLTA IL LARGO GARIBALDI




Si può ricostruire la storia dai nomi che vengono dati a strade e a piazze e
come questi mutano col tempo a seconda dal vento (politico) che tira. Ogni
amministrazione al potere in un piccolo paese o in una grande città si sente in
dovere di commemorare i propri “eroi”, quelli da indicare come esempio e
immortalarli nel tempo. Sappiamo che Garibaldi dopo l’Unità era stato un eroe
scomodo alle autorità monarchiche e solo dopo la sua morte (1882) ci fu un gran
proliferare di vie, viali, piazze, porte, stazioni ecc… a lui dedicate.

Ho sempre sentito dire che Anghiari fu una delle pochissime eccezioni, infatti
gli dedicarono una piazza quando era ancora in vita, e dato che la Società
Operaia non aveva troppi soldi posero solo un busto di gesso sopra una colonna,
il monumento attuale venne dopo, ma quella è un’altra storia.   

Da sempre ho sentito dire che lo spazio davanti al Duomo di Sansepolcro un tempo
si chiamasse Largo del Duomo e quando ho visto questa fotografia sono rimasto un
po’ sorpreso infatti non sapevo che un tempo fosse diventato Largo Garibaldi.
Forse fu dato questo nome, di certo dopo il 1882, morte del Generale, allo
stesso tempo che fu battezzata Piazza Garibaldi quella fra il lato nord del
Palazzo delle Laudi e la Questura.

Non so quando il Largo Garibaldi divenne Via Roma, ho trovato in casa lettere
degli anni trenta indirizzate ai miei nonni e portano scritto nella busta Via
Roma 1; loro abitavano nel Palazzo delle Laudi (oggi sede del comune) che a quel
tempo era residenza privata. Quando un paio d’anni fa ho richiesto copia del mio
certificato di nascita viene indicato che son nato in Via Roma 1.

Immagino che nel 1945, di certo subito la fine della guerra, la nuova
amministrazione volle onorare la memoria di Giacomo Matteotti dedicandogli una
strada importante, e non una in periferia, cosi Via Roma sparì.

Leggiamo un po’ questa foto, direi del primo novecento. Sulla sinistra si legge
il nome del Caffè Piero della Francesca, con differenti nomi ci son stati vari
caffè. Sulla destra il Duomo con la facciata non ancora restaurata con il gran
finestrone barocco che verrà poi sostituito dall’attuale rosone. Attraverso
l’Arco della Pesa si intravede chiaramente l’apertura stretta di Porta del
Castello.

Spesso in questo tipo di foto d’epoca si vedono delle persone che si mettono in
posa, vogliono esser immortalate. Quando il fotografo compariva per strada con
la sua monumentale macchina fotografica dal gran soffietto nero, un treppiede,
sempre con un assistente che lo aiutava, le lastre di vetro erano pesanti,
delicate e costose. Scattare una foto era una piccola impresa e non si potevano
fare errori. Ma chi saranno stati tutti quelli che si son messi i fila? Alla
loro sinistra mi pare di intravedere la ruota d’un arrotino.

Vi prego fate i vostri commenti per ampliare la lettura di questa foto.     

Per finire: da tempo e da lontano peroro diverse cause che riguardano il Borgo.
La storia ci insegna che non solo si possono dar nomi alle vie ma che si possono
anche cambiare, è l’ora di togliere Palmiro Togliatti dalla toponomastica di
Sansepolcro e sostituirlo con Via della Pieve Vecchia.



Fausto Braganti

13 febbraio 2022,

Marblehead, USA

Il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” può essere acquistato nelle librerie di
Sansepolcro.

Questo è un breve filmato di Pascale dell’inizio della presentazione del libro
avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del
Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.


Autore Fausto BragantiScritto il febbraio 18, 2022Categorie ArchivioLascia un
commento su 123 C’era una volta il largo Garibaldi


124 C’ERA UNA VOLTA VIA UMBERTO I …

Via Umberto I? Ma come si chiamava prima?

E dato che gli eventi nella storia sempre si susseguano, causa ed effetto, prima
che quella via prendesse quel nome successero molte cose. La farò breve, ci
provo. 

L’origine toponomastica del nome d’una via di Sansepolcro fu preso una sera alla
fine dell’Ottocento, durante una tumultuosa riunione di anarchici a Paterson New
Jersey, direi molto lontano dal Borgo. 

A quella riunione c’era anche uno di Prato, Gaetano Bresci, l’anarchico che
venne dall’America. Fu proprio a Paterson che quel gruppo di anarchici condannò
a morte Umberto I, ritenuto responsabile assieme a Bava Beccaris dei massacri di
Milano, e Bresci si fece avanti e a nome di tutti partì per uccidere il re e ci
riesci a Monza, era il 29 luglio 1900. Non aveva perso l’occasione, prima di
arrivare in Italia, di passare per Parigi e visitare l’Esposizione Universale. 

Gaetano Bresci che spara ad Umberto I, Bava Beccaris decorato dal re, Ordine
Mauriziano.

Dopo la morte del re Umberto grande fu la costernazione generale per un tale
atto, il genuino cordoglio di molti; di conseguenza ci fu una immediata
proliferazione di piazze, vie, eccetera dedicate al re assassinato. In Umbria
c’era una cittadina, da sempre chiamata La Fratta, e a qualcuno venne l’idea di
darle un nuovo nome e così divenne Umbertide.  

Anche a Sansepolcro l’amministrazione non fu da meno, la piazza intorno alla
vecchia Torre di Berta, fu subito chiamata Piazza Umberto I, e dato che la Via
Maestra era già stata ribattezzata Via XX Settembre ne scelsero un’altra, di cui
non ricordo il nome precedente, da chiamare Via Umberto I, quella della
cartolina, quindi di certo dopo il 1900.

Son certo che non cambiò molto, la gente continuò a dire “giù pel Fiorentino” e
“su pel Fiorentino.”

Leggiamo la cartolina, si nota subito che manca la terrazza dell’Albergo
Fiorentino; non so quando questa fu aggiunta, sicuramente c’è chi ce lo potrà
dire. La prima gran porta sulla destra è quella dell’appalto Sale e Tabacchi,
che poi diventerà un caffè ed infine negli anni ’50 il negozio di tessili di
Gino Massi. La porta aperta è quella della rimessa delle carrozze, le macchine
erano poche. Non so cosa potesse essere il negozio sulla sinistra, ma trovo
intereressante il grande affresco sopra la porta, forse una pubblicità di
qualche liquore, un amaro digestivo.



Poi cambiarono ancora nome e divenne Via Luca Pacioli, anche lui ha bisogno
d’essere ricordato.

Per finire, tutto cambia per poi rimanere sempre lo stesso, cambiate pure i nomi
che poi per i Borghesi sarà sempre “giù pel Fiorentino.”

Fausto Braganti

17 febbraio 2022,

Marblehead, USA

ftbraganti@verizon.net

Il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” può essere acquistato nelle librerie di
Sansepolcro.

Questo è un breve filmato di Pascale dell’inizio della presentazione del libro
avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del
Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.


Autore Fausto BragantiScritto il febbraio 17, 2022febbraio 17, 2022Categorie
ArchivioLascia un commento su 124 C’era una volta via Umberto I …


122 AL BORGO C’ERA UNA VOLTA RAMSDEN …

Chi? Ramsden? Ma chi era Ramsden?

Io non so chi fosse Ramsden, ma il mi’ babbo e anche il mi’ zio Angelo lo
dovevano avere pur incontrato, diciamo lo conoscevano di vista. Considerando che
aveva inventato la Macchina di Ramsden, doveva esser stato un qualche
scienziato, un ricercatore. Ma quando?

Diploma di Renato Braganti

Il mio primo impulso è stato quello di andare su Google, Wikipidia sa tutto di
tutti, e di certo avrei risolto il mistero su Ramsden, ma ho deciso di non
farlo. Prima scrivo la storia e poi vado a vedere.

Con un tal nome non so chi fosse. Un inglese? Un tedesco? Di certo non era
italiano eppure una delle sue macchine era arrivata fino alla Scuola Tecnica di
Sansepolcro, di certo l’ultima tratta col trenino, avranno fatto molta
attenzione, era delicata.

Non preoccupatevi non vi racconterò la storia della Scuola anche perché non la
so. Quello che so è che i miei nonni Braganti decisero di trasferirsi da San Leo
d’Anghiari a Sansepolcro, quando i figli Angelo e Renato avevano raggiunto l’età
per attendere la Scuola Tecnica. Questo successe ai tempi della Grande Guerra.

Il babbo e lo zio non solo studiarono le varie materie ma impararono anche a
fare la calza, con quattro ferri avrebbe enfasizzato il babbo; i soldati in
trincea avevano bisogno di calze di lana calde.



Anche la Scuola Tecnica Luca Pacioli, come tutte le scuole di Sansepolcro, era
stata costruite riadattando all’uso un vecchio convento confiscato dallo stato,
in questo caso quello dei Servi di Maria.

Sansepolcro, Torre di Berta, la placca scura e’ il Bollettino della Vittoria

Negli anni cinquanta era diventata una Scuola di Avviamento Professionale. Verso
il 1952, ero in quinta elementare, per alcuni mesi andai in quella scuola,
stavano riparando, danni del terremoto, la mia scuola elementare a Santa Chiara.
Fui molto colpito da quella grande scalinata, imponente, penso che era stata
voluta per dare l’impressione ai giovani che entravano nel tempio della
conoscenza. Ricordo anche che su muro del pianerottolo fra le due rampe c’erano
appese delle lapidi. Qui i miei ricordi non sono chiari, ma penso che una fosse
quella del Bollettino della Vittoria appesa al lato nord della Torre di Berta
sopravvissuta alla esplosione della stessa nel 1944.

Sansepolcro, scala della scuola Luca Pacioli

Nel 2016, durante un mio viaggio a Sansepolcro ebbi modo di visitare la vecchia
scuola che, come mi dissero, era chiusa da tempo perché l’edificio non era
sicuro, danni alle strutture dovute ad un terremoto. Al Borgo c’è sempre un
terremoto che fa danni, e non solo, viene poi l’incuria o addirittura
l’abbandono. Le lapidi una volta su quel muro non c’erano più e chiaramente
ancora  si vedeva il marchio lasciato dopo la rimossione.



Si, mi conoscete, io sono quello con l’idea fissa, voglio che le lapidi storiche
vengano conservate e mostrate al pubblico. Chi non salva il suo passato non avrà
futuro. Pensavo che anche questa placca di bronzo sopravvissuta all’esplosione
avrebbe fatto bella mostra assieme a quella del primo monumento ai caduti nel
cortile del Palazzo delle Laudi. Non desisto.

La scuola abbandonata mi diede un senso di gran tristezza, e uno scheletro,
grandezza naturale lungo un muro di un corridoio non era incoraggiante e le
classi vuote con carte, libri un po’ dappertutto erano desolate.

la macchina di Ramsden

Quando sono uscito mi son fermato ad osservare uno grande strumento scientifico,
e’ stato allora che ho incontrato Ramsden, o meglio la macchina di Ramsden,
protetto all’interno d’un contenitore di vetro, uno strano marchingegno che
sembrava fosse venuto dal laboratorio di Frankenstein. Pensai alloro che forse
mio padre lo aveva visto funzionare.

C’erano lungo un corridoio scuro molti altri strumenti scientifici, artefatti,
non ricordo bene.

Dopo quella visita chiesi in giro: ma dove sono andate a finire quelle lapidi un
tempo appese al muro? Non ottenni nessuna risposta. Mi è stato detto che gli
strumenti scientifici, inclusa la macchina di Ramsden, non son più là allora
pongo una nuova domanda: ma dove sono andati a finire? Spero in un magazzino
nascosto.

Fatemi sapere, e ora vado a cercare notizie su Ramsden, Wikipedia sa tutto di
tutti.   

8 febbraio 2022 ‘sta volta sono a Marblehead e fa freddo e vedo la neve dalla
finestra.

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della
presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo
“sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.



filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

Autore Fausto BragantiScritto il febbraio 8, 2022febbraio 8, 2022Categorie
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121 IL BORGO AI TEMPI DELLA GRANDE GUERRA.

Non m’arcodo della Grande Guerra, ma me ne hanno tanto parlato che certe volte
credo d’averla fatta.

Era cominciata come Guerra all’Austria a maggio del 1915, il nonno Giuseppe Taba
parti subito, lasciando a casa moglie e tre bambine, la mi’ mamma aveva un mese.
Ritornò l’anno dopo, solo pochi mesi in trincea per prendere una gengivite e gli
caddero tutti i denti, aveva 38 anni. Niente pensione per gli sdentati e lui non
sorrise mai più. Il nonno Barbino (Luigi Braganti classe 1874 l’ultima ad esser
richiamata con i ragazzi del ‘99) parti dopo Caporetto. Un breve addestramento
alla Fortezza da Basso a Firenze e poi fu mandato alla stazione di Camucia,
magazziniere di paglia e fieno per poi spedire a vagonate al fronte. Infine fu
trasferito a Sansepolcro con le stesse responsabilità, solo che a sera montava
in bicicletta, 91 lungo a tracolla e tornava a mangiare e a dormire a casa.
Aveva piantato un chiodo sul muro accanto al letto dove appendere il fucile. Lui
era pronto fosse arrivato un attacco durante la notte.

Poi la Guerra 15-18 prese il nome di Grande Guerra, infine, e ce ne volle
un’altra per diventare la Prima Guerra Mondiale dato che chiamarono questa
Seconda.   

E al Borgo? Niente, eccetto la trepidazione per la sorte dei tanti cari che
avevano al fronte, e la paura di andare alla porta di casa e trovare due anziani
signori vestiti di nero, portatori di cattive notizie.

Ci furono delle compagnie di soldati che arrivarono per l’addestramento, e ci
sono in giro cartoline più volte pubblicate dei loro accampamenti a Porta
Fiorentina. Ma arrivarono anche i prigionieri di guerra, soldati dell’esercito
austro-ungarico.

Quello che racconto è basato solo, ripeto solo, sulla memoria di quello che il
mi’ babbo mi raccontava.

Proprio vedendo questa vecchia cartolina, ho ripensato a quelle storie.

I prigionieri erano di certo di molte nazionalità, gli austriaci probabilmente
erano una minoranza fra ungheresi, croati, cechi, slovacchi, sloveni ecc. Furono
sistemati in delle baracche di legno lungo le mura fra Porta Fiorentina e la
stazione. Quando non lavoravano il babbo li vedeva due volte al giorno; ci
passava davanti andando e tornando da scuola, lui frequentava le Scuole Tecniche
Luca Pacioli, quelle accanto ai Servi e abitava in fondo al Piazzone, alla
Fontesecca, davanti al Tricca della motta.



E proprio da casa il babbo vedeva passare i camion carichi di prigionieri che
erano trasportarti al mattino a lavorare verso Viamaggio, come infatti è scritto
nella cartolina. Quelli mi sembrano sacchi di carbone, e la dicitura della
cartolina indica il “Commissariato Generale Combustibili Nazionale Gestione di
Sansepolcro” Il cartello sulla destra indica la stessa dicitura con l’aggiunta
Viamaggio. Ci sarà pur stato un commissario responsabile di questa operazione e
forse fu proprio lui a far venire il fotografo per testimoniare il buon lavoro
fatto.

Ancora secondo quello che mi raccontava il mi’ babbo i prigionieri sembravano
tranquilli, per loro la guerra era finita, a Sansepolcro erano lontani dalle
trincee e nessuno sparava loro addosso e c’era sempre quello che ad una cert’ora
compariva con un carretto e vendeva loro le gazzose. La rete che ufficialmente
li rendeva prigionieri era bassa, era chiaro a tutti, nessuno aveva l’intenzione
di evadere. Per andar dove? Tornare in patria (la loro) per poi essere rimandato
al fronte? Meglio rimanere al Borgo e andare a tagliar boschi lungo gli
Appennini e a far carbone.

L’amministrazione, la burocrazia, si era grandemente allargata durante la Grande
Guerra, diventando un vero problema di gestione, troppo carta! So che ancora
oggi esistono magazzini pieni di incartamenti, libri contabili, ecc. Da qualche
parte ci debbono essere ancora gli incartamenti del Commissariato dei
Combustibili, ma non credo che sia un argomento che interessi molto agli
storici.

Per finire, mi domando se questa cartolina fu prodotta con il preciso scopo di
darla ai prigionieri in modo che questi scrivessero a casa, dimostrando quanto
umani erano gli italiani nel trattare i loro prigionieri.

Fausto Braganti

1 febbraio 2022,

Marblehead, USA

Il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” può essere acquistato nelle librerie di
Sansepolcro.

Questo è un breve filmato di Pascale dell’inizio della presentazione del libro
avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del
Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.


Autore Fausto BragantiScritto il febbraio 1, 2022Categorie ArchivioLascia un
commento su 121 Il Borgo ai tempi della Grande Guerra.


120 1952 IL SOR MARCO BUITONI CELEBRA I SUOI 25 ANNI A SANSEPOLCRO.



4 ottobre 1952 foto ricordo, il Sor Marco Buitoni e i suoi collaboratori.



Bella e tipica fotografia di gruppo; il gran capo circondato da tutti i suoi
collaboratori, sono loro che hanno reso possibile il successo della compagnia.
Il gran capo lo sa, e coerente al suo stile paternalistico, ha riunito tutti per
condividere, celebrare un evento, un evento del tutto personale.

“… la mia venuta a Sansepolcro.”

Infatti lui non era di Sansepolcro, era perugino.   

Chiamarono un fotografo, purtroppo non ho qui l’originale per vedere chi fosse.
Di certo venne con una gran macchina fotografica col soffietto nero, montata su
un treppiedi e lui si nascose sotto un panno nero e premette la peretta.
Probabilmente aveva con se un assistente per mettere tutta quella gente in posa,
penso siano un’ottantina.

Diciamo che la famiglia Buitoni, come tante grandi famiglie, ha una storia
complicata. A parte il fatto che ne so ben poco e quello che ricordo mi è stato
raccontato, io non posso di certo narrarvela. L’hanno già fatto altri. Diciamo
che mi limito a un giorno, il 4 ottobre 1952, era un sabato, forse c’era meno da
fare e la Silvia (accovacciata sotto il Sor Gherardo) ha lasciato il centralino,
e quello che era successo 25 anni prima, nel 1927, il giorno che il Sor Marco
arrivò a Sansepolcro.

Il 1927 fu per i Buitoni di Sansepolcro un anno difficile, per alcuni tragico.
Un tracollo economico portò quasi alla chiusura dello stabilimento. La famiglia
a quel tempo si era già divisa in due rami, quelli di Sansepolcro e quelli di
Perugia, che lavoravano e cooperavano in parallelo. I quel momento difficile che
poteva finire in una catastrofe generale i “perugini” presero il sopravvento e
spedirono Marco, uno dei 5 fratelli, a Sansepolcro, aveva 33 anni, a prendere le
redini dello stabilimento. Il tempo e gli eventi provarono che Marco era stato
all’altezza della situazione, la Buitoni iniziò un nuovo gran periodo di
successo e di gloria e la ripresa dopo la guerra disastrosa fu un’ulteriore
prova del buon lavoro.

Ecco, penso che quel giorno il Sor Marco volle quella foto come per provare a se
stesso, “ecco ce l’ho fatta”, e non ha dimenticato chi lo ha aiutato a
raggiungere il successo.



A proposito della foto: Il Sor Marco è al centro che guarda direttamente al
fotografo, alla sua sinistra un signore con gli occhiali neri con lo sguardo
verso il basso, questo è Sor Gherardo, l’unico sopravvissuto all’ecatombe dei
Buitoni di Sansepolcro nel 1927, non so come fece a mantenere la sua parte di
potere. Alla destra del Sor Marco c’è un signore alto di profilo, penso che sia
uno dei fratelli, forse Luigi di Perugia?   

Da notare che la gran scala monumentale sembra a buon punto ma i lavori non sono
finiti, ancora il busto bronzeo di Giovanni Buitoni non è al suo posto.

Voglio anche pensare al Sor Marco che scrive una dedica personale in ogni
fotografia, usando una bella penna stilografica e una segretaria che lo aiuta
stendendole sopra una gran tavola, l’inchiostro si deve asciugare.

Quanti cassetti a Sansepolcro hanno ancora questa foto?

Per finire, i tempi cambiano, immaginate il Sor Marco con un telefonino in mano
che grida “Sorridete!!” e cerca di far entrare un’ottantine di persone in un
selfie.

Fausto Braganti,

 ftbraganti@verizon.net

29 settembre 2020 ancora a Tuchan nelle Corbieres.

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della
presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo
“sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.

 filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

  

Autore Fausto BragantiScritto il settembre 29, 2020settembre 29, 2020Categorie
Archivio,Come eravamoTag Buitoni,Sansepolcro2 commenti su 120 1952 Il Sor Marco
Buitoni celebra i suoi 25 anni a Sansepolcro.


119 1959 CIRCA, I PORTIERI DELLA BUITONI E LA SILVIA CENTRALINISTA.



centralino del vecchio Hotel Terminus, Carcassonne



Ieri sono entrato in un magazzino a Carcassonne (Francia) e del tutto
inaspettato mi è comparso davanti un mobile polveroso che credo la gran
maggioranza della gente non sappia cosa sia, o meglio cosa fosse stato un tempo,
ma a cosa serviva?

Non molto tempo fa incontrai un ragazzo, direi circa 15 anni, che mi raccontò
d’una sua recente visita al Museo della Scienza a Milano. Mi raccontò d’una sua
eccitante esperienza, aveva fatto una telefonata con un telefono nero, pesante,
che aveva un disco con i numeri. Non l’aveva mai visto prima.

Immaginate se avesse visto questo centralino telefonico!

Ritorniamo a ieri, quando io l’ho visto ho fatto una repentino balzo nel tempo e
un sorriso, un nome mi son venuti alla mente, quelli di Silvia Boschi. Era lei
la centralinista della Buitoni. Con la sua voce suadente e gentile smistava
centinaia di telefonate e si diceva che non sbagliasse mai, ovvero metteva
sempre lo spinotto nel buco giusto. non sbagliava. Era lei quella che
controllava le comunicazioni, sapeva tutto di tutti.

“Da qui in tutto il mondo” diceva un gran cartello pubblicitario della Buitoni
che si ergeva lungo la Tiberina 3bis. La Silvia era il primo contatto rapido con
il mondo.  Niente computer in quei giorni.



la Silvia con i portieri della Buitoni, (foto dell’archivio di Claudio
Pannilunghi)





Nella fotografia la Silvia è l’unica donna assieme alla squadra dei portieri
della Buitoni, davanti alla vecchia portineria, in faccia a via Giovanni
Buitoni. Le mura erano state abbattute per dare accesso allo stabilimento, la
vecchia Porta del Castello era stretta e angusta, non adatta al traffico d’una
industria come la Buitoni.

Quella porticina che si intravede era l’ingresso di tutti gli operai, e subito
sulla destra, appena entrati, c’era una finestra e da lì si vedeva seduta la
Silvia, di profilo e davanti a lei c’era il centralino, con quel pannello pieno
di buchi e di spinotti che lei inseriva e toglieva con un’incredibile velocità,
per smistare le chiamate in arrivo e in partenza. Io ero affascinato, mi piaceva
guardarla, e mi domandavo, ma come fa a non confondersi con tutti quei fili?
Quello era un telefono che non suonava, c’erano delle lucine che si
accendevano.    

Così ieri ho pensato alla Silvia, ed ho sorriso, lei era un’amica de la mi’
mamma.

Al Borgo c’era un altro centralino, quello pubblico, davanti al comune, nella
spazio occupate oggi dall’ufficio turistico. Ieri ho pensato alla Silvia e non a
Bista, lui non sorrideva mai.

 

PS: questo centralino apparteneva all’Hotel Terminus di Carcassonne, è stato
salvato all’ultimo momento, era già destinato alla discarica.

Fausto Braganti,

28 settembre 2020 ancora a Tuchan nelle Corbieres.

 Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della
presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo
“sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.

 filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

 

 

Autore Fausto BragantiScritto il settembre 28, 2020settembre 29, 2020Categorie
Archivio,Persone e PersonaggiTag Buitoni,centralino,SansepolcroLascia un
commento su 119 1959 circa, i portieri della Buitoni e la Silvia centralinista.


118 1930 LA VERNA (PROBABILMENTE) LA SCAMPAGNATA.



1930 scampagnata



Tempo addietro mi inviarono questa fotografia con una sola informazione, 1930.

Purtroppo non ricordo chi fu l’amico/a e non mi rimane altro che dire: Grazie!

Anche se son diventato grandino al 1930 non ci arrivo, e non son molti quelli/e
a cui chiedere, ma per fortuna ci sono.

Quel signore con la gran barba bianca me lo ricordavo, e ho anche subito
riconosciuto il ragazzo al centro con i calzettoni bianchi.

La foto è rimasta nel mio archivio per anni.

Poi è risaltata fuori e grazie a Liana Patè e Francesco Vicarucci ho dato un po’
di luce a quel bel giorno d’estate del 1930 quando questo gruppo si mise in posa
davanti alla macchina fotografica.

Il signore barbuto è Domenico Petri (1876-1948) di Sansepolcro a suo tempo un
bravo sarto che vinse anche una medaglia d’oro. Sua moglie, Ginna Marcelli,
maestra della trina a tombolo divenne famosissima per le sue creazioni e di
medaglie e premi ne raccolse tanti. Domenico cessò la sua attività di sarto per
dedicarsi a produrre disegni che poi Ginna elaborava in merletti meravigliosi.
Domenico andò alla Grande Guerra e tenne un diario che oggi è conservato
nell’archivio diaristico di Pieve Santo Stefano.  Domenico e Ginna erano i nonni
di Liana Patè.

Ricordavo benissimo il ragazzo dai calzettoni bianchi, amico del mi’ babbo,
Giuseppe Vicariucci, purtroppo morto molto giovane, ho chiesto al figlio
Francesco che me lo ha confermato.

Il mistero rimane, ma dove veramente andarono per quella scampagnata?

PS: possiedo una tovaglia trinata di Ginna Marcelli, con 12 tovaglioli e 12
sottopiatti, dono di matrimonio (1937) delle operaie del reparto confezioni
Buitoni al mi’ babbo e a la mi’ mamma, forse era stato proprio Domenico quello
che aveva preparato i bozzetti del disegno.  

 Fausto Braganti, 

3 agosto 2020 ancora sfollato a Tuchan nelle Corbieres.



 ftbraganti@verizon.net

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della
presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo
“sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015. 

filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

 

 

Autore Fausto BragantiScritto il agosto 3, 2020Categorie Archivio,Persone e
PersonaggiTag La Verna,Sansepolcro,scampagnataLascia un commento su 118 1930 La
Verna (probabilmente) la scampagnata.


117 SANSEPOLCRO, 12 APRILE, PASQUA DEL 2020 L’ANNO SENZA PRIMAVERA. DUE OCCHI E
UN PIEDE, DETTAGLI DELLA RESURREZIONE DI PIERO DELLA FRANCESCA

Tempo addietro scrissi queste mie personali considerazioni sulla Resurrezione di
Piero della Francesca. Ripropongo quanto scritto, rivisto in questi giorni
pasquali marcati dal terribile morbo, il Coronavirus. Penso e spero che il
messaggio che Piero ci dia coraggio e volontà di combattere, ne abbiamo bisogno,
tanto.

Il professore di storia Gino Franceschini, che era anche il preside del Liceo
Scientifico Piero della Francesca di Sansepolcro, una volta ci disse (1956-57)
che La Resurrezione non era un opera religiosa, ma piuttosto un’opera politica:

“Basta guardare dov’è locata, quella parete non è mai stata in una chiesa, mai
un inginocchiatoio davanti, nessuna messa. Quella era la sala dove si riuniva il
consiglio cittadino, nel Palazzo dei Conservatori.”

Negli anni seguenti a questa affermazione ci sono stati studiosi che hanno
suggerito differenti siti dove l’affresco fu originariamente locato, ma questo
non cambia la sostanza dell’affermazione del prof. Franceschini, infatti sempre
nell’andito del Palazzo dei Conservatori.

Ci parlò a lungo di Piero e della sua opera e un giorno ci portò anche a vedere
la Resurrezione. La pinacoteca, come si chiamava allora, era a meno di cento
metri dal liceo: ragazzi fortunati, anche se poi per noi quello che davvero
importava era il fatto che s’usciva di classe, almeno per un’ora.

Importante per me è che non ho mai dimenticato quell’affermazione cosi
categorica e che col tempo ha influenzato profondamente la mia percezione
dell’opera, arricchita anche da tante inevitabili esperienze successive. Quello
che dico è solo frutto delle mie emozioni ed esperienze.

Ogni volta che entro nella sala del museo con l’affresco mi sento subito
catturato da quei due grandi occhi tondi del Cristo Risorto che mi fissano, e
sembrano seguirmi in tutti i miei movimenti, ovunque io vada.



gli occhi del Cristo della Resurrezione



“Forse proprio per farcelo sentire reale e quindi più accessibile Piero scelse
le sembianze d’un popolano delle nostre parti.’’

Come ancora ci disse il prof. Franceschini.

Durante ogni mia visita ho la sensazione che Cristo sia stato lì ad aspettarmi
per tutti quei secoli, e mi sembra che mi dica con un leggero tono di
rimprovero:

“Ma dove sei stato?”.

Il suo messaggio è semplice, un vero appello, reale e diretto, e non voglio
offendere la sensibilità di nessuno dicendo che mi ricorda certi manifesti
propagandisti della Grande Guerra che invitavano i giovani ad arruolarsi. Certo
il nostro Cristo non ha i baffi imponenti di Lord Kitchener.

“Uomo! Questa è la tua ora, svegliati e risorgi! Seguimi!”



Quel Cristo non è un Cristo Pantocratore lontano nella sua ieratica maestà
capace solo d’incutere paura, non è un Cristo dalla figura idealizzata barba e
capelli lunghi biondi che svolazza fra nuvolette bianche mentre angeli
trombettieri annunciano il suo ritorno in cielo. É un Cristo dal piede forte,
fermo sul sarcofago. Ci annuncia che lui non volerà via nell’astratto, lui
rimarrà per terra al nostro fianco ed è con noi pronto per la battaglia della
vita con tutti i suoi ostacoli. Impugna imperioso lo stendardo di San Giorgio, e
come il santo guerriero ammazza draghi, lui spazzerà via i veri nemici
dell’umanità: superstizione ed ignoranza e quelli che le diffondono… e il
coronavirus!

Pascale, mia moglie che non ha mai conosciuto il prof. Franceschini e che aveva
conosciuto Piero solo attraverso i libri di scuola prima di venire a Sansepolcro
con me, ha raggiunte certe sue conclusioni indipendentemente senza esser
influenzata dal mio dire. Lei vede quel piede sulla sponda d’una barca che ha
appena attraccato, Cristo è pronto a sbarcare, a scendere a terra, in mezzo alla
gente comune e con l’intenzione di starci.

Nel lato destra dell’affresco la natura si sta rigenerando e questo è la
conferma del suo messaggio di speranza, la natura che ogni anno si rinnova con
la primavera, con la Pasqua. Non sappiamo se i soldati che sono ancora
addormentati si sveglieranno. Rappresentano loro il potere repressivo dei
potenti che opprimono ogni anelito di libertà? Sappiamo che ci saranno sempre
quelli che dormono, quelli che hanno paura della ragione. Noi abbiamo sentito il
suo appello, il suo messaggio, risorgeremo con lui e lo seguiremo.

Questo non ce lo disse il professore, questo lo dico io. Non sono un critico
d’arte e neanche uno storico, ripeto queste sono solo le mie impressioni, le mie
sono solo emozioni che si sono sviluppate nel tempo e il fatto che abiti lontano
è diventato un fattore importante. Le mie visite al Cristo Risorgente sono
sempre una tappa obbligatoria ogni qualvolta vada a Sansepolcro necessaria a
riempire quel vuoto che si è creato col tempo e la distanza.

In casa ho molti libri su Piero, alcuni li ho letti ed altri hanno accumulato
polvere sugli scaffali. Prima di scrivere questo intenzionalmente non ho voluto
leggere nulla, ho cercato d’essere il più spontaneo possibile e non farmi
influenzare dal pensiero degli altri.

Sono andato avanti facendo tante ipotesi, ora ne voglio fare ancora un’altra:
Piero conosceva e aveva letto il “De Rerum Natura” di Lucrezio, da poco
riscoperto da Poggio Bracciolini. Questa opera fu una delle scintille che
iniziarono l’Umanesimo con tutte le sue conseguenze che sono arrivate fino a noi
influenzando il nostro pensiero. La lettura e riscoperta dell’Epicureismo
lucreziano incrinò quello che sembrava l’indistruttibile tempio della fede per
metter le basi a quello della ragione che “che squarcia le tenebre
dell’oscurità”. Non dobbiamo svolazzare troppo in cielo, sperdendosi nella
metafisica, rimaniamo con i piedi per terra.



E questo per me è un elemento fondamentale in tutta l’opera di Piero. Non
lontano da Sansepolcro ne troviamo un’altra prova: la Madonna del Parto di
Monterchi. Ma chi aveva mai osato dipingere una Madonna incinta e dalla veste
sbottonata? Io non so se ce ne siano altre simili precedenti. Forse, ma fu certo
un atto rivoluzionario. La Madonna rappresentata è un’adolescente che potresti
incontrare per strada. É una donna vera, sbocciante.

Poi abbiamo un Ercole pagano e una Flagellazione enigmatica per dir poco, e
questi dove li mettiamo? Non ho risposta.

La Resurrezione non appartiene né al Borgo, né ai noi Borghesi, noi abbiamo
avuto solo la fortuna, forse sarebbe meglio dire il caso, di ritrovarcela in
casa e da questa nasce la nostra responsabilità di mantenerla, di proteggerla e
di renderla accessibile. Appartiene a tutti, a tutti quelli che trovandosela
davanti ne sentono un messaggio che prevarica lo spazio e il tempo.  

Queste alcune riflessioni sulla Resurrezione e non a caso le voglio condividere
in questi giorni di Pasqua. Son nate da memorie, emozioni antiche che si sono
sviluppate nel tempo e che si rinnovano, e sono solo le mie. Debbo concordare
con quello che scrisse Cesare “Gli uomini credono in quello in cui vogliono
credere” e io sono solo un uomo. Ognuno è un individuo davanti ad un’opera
d’arte e come tale questa rimane un’esperienza soggettiva anche se il linguaggio
espressivo è spesso comune a tanti, ma non a tutti.

Ecco, oggi ritroviamo il messaggio che Piero ci ha lasciato, il messaggio che ci
accomuna.

Il “nostro” Cristo Risorgente, oggi più che mai, ci sprona a seguirlo, a testa
alta con lo sguardo fisso davanti a noi, senza esitazioni con il piede fermo per
terra, uniti, la battaglia sarà dura, ma ce la faremo. 

12 aprile 2020 

Fausto Braganti, sfollato a Tuchan nelle Corbieres 

ftbraganti@verizon.net

 Ho scritto un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus” La storia si
sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val
Tiberina, fine luglio 1849.                   “In tempo di guerra non si perde
tempo”

Ora sto cercando di pubblicarlo, cerco un agente letterario e un editore. Se
siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei noi nostri
eroi, questo è il link al mio

blog:https://faustobraganti.wordpress.com/

Il mio blog di memorie M’Arcordo… www.biturgus.com/

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro.

 

 



 

Autore Fausto BragantiScritto il aprile 12, 2020aprile 12, 2020Categorie
Archivio,Persone e PersonaggiTag piero della francesca,Resurrezione,Sansepolcro1
commento su 117 Sansepolcro, 12 aprile, Pasqua del 2020 l’anno senza primavera.
Due occhi e un piede, dettagli della Resurrezione di Piero della Francesca


116 2020, APPELLO DEL 4 APRILE: POGGINI GUIDO! (E GUIDO NON HA RISPOSTO PRESENTE

Ogni mattina il maestro Guerri entrava in classe sempre con un cipiglio severo
che incuteva paura, non sorrideva mai. Per prima cosa apriva il registro dalla
copertina nera e lentamente cominciava a fare l’appello:

“… Poggini Guido…”

Questa volta Guido non si alzato in piedi, non ha risposto

“Presente!”



1949 Sansepolcro terza elementare.



 

Ho appeno appreso della morte di Guido e son triste e dispiaciuto. Guido era
stato un amico, compagno di scuola e un balestriere.

Forse avete già visto questa foto della terza elementare (1948-49) nel mio libro
M’Arcordo…  Eravamo in 43, Guido è nella fila in alto, il sesto da sinistra con
la mano sul fianco, in una posa un pochino strafottente.

Durante una mia visita la Borgo (1989) portai questa fotografia e andai a
cercare Guido per mostrargliela, fu felicissimo e subito suggerì:
“Dobbiamo fare una cena!”

In un paio di giorni contattammo tutti quelli che riuscimmo a trovare e andammo
alla Balestra a celebrare i 40 anni dopo. Ci furono alcuni che vennero da
lontano. Nel 2009 ci fu un’altra cena, il numero cominciava a diminuire; questa
volta andammo al Fiorentino, erano passati 60 anni, anche questa volta ci furono
quelli che vennero da lontano.





Durante una delle mie ultime visite al Borgo incontrai Guido per la Via Maestra,
era un po’ mesto, problemi di salute, e mi disse:

“Dobbiamo fare una cena prima che sia troppo tardi, siamo rimasti in pochi.”

E malinconico mi disse i nomi di alcuni dei cari compagni che non avrebbero
risposto all’appello.

Mi dispiace moltissimo di non aver fatto una cena in tempo, specialmente i
questi giorni terribili del coronavirus, sfollato lontano.   

Per finire aggiungo una foto di Guido balestriere, Palio di Sant’Egidio, 1
settembre 2001.



2001 1 settembre, Guido Poggini al Palio di Sant’Egidio.



6 aprile 2020, sfollato a Tuchan in Languedoc.  

 

 

 

Fausto Braganti

ftbraganti@verizon.net

 

Ho finito di scrivere un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus” La storia
si sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val
Tiberina, fine luglio 1849.                   “In tempo di guerra non si perde
tempo”

Ora sto cercando di pubblicarlo, cerco un agente letterario e un editore. Se
siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei noi nostri
eroi, questo è il link al mio

blog:https://faustobraganti.wordpress.com/

Il mio blog di memorie M’Arcordo… www.biturgus.com/



Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato
nelle librerie di Sansepolcro.

 

 

Autore Fausto BragantiScritto il aprile 6, 2020Categorie Archivio,Persone e
PersonaggiTag SansepolcroLascia un commento su 116 2020, appello del 4 aprile:
Poggini Guido! (e Guido non ha risposto presente


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